L’orazione che piace a Dio
Autore: Cambry (de) Jeanne
1. Se vogliamo che l’orazione sia gradita a Dio, conviene al di sopra di tutto che la nostra intenzione sia retta e rivolta alla gloria di Dio. Ogni nostra azione sarà giudicata, non secondo le opere, ma secondo le nostre intenzioni. Se esse sono malvage, anche se le opere sono buone, saranno giudicate malvage e perverse. Al contrario, se la nostra opera è indifferente o qualche volta apparentemente cattiva, ma la nostra intenzione è retta e buona, anche l’azione sarà buona e meritoria. […]
2. Tra tutte le nostre opere, l’orazione è quella che guida tutte le altre, perché senza orazione non possiamo fare cosa che valga. Allora, l’orazione deve essere, dunque, fatta più di ogni altra opera con l’intenzione più retta. Tutte le nostre azioni quali, la lettura dei libri spirituali, la meditazione…
Commento di padre Max Huot de Longchamp
L’AUTORE Jeanne nasce a Douai nel 1581, da una famiglia della buona borghesia e cresce a Tournai, dove a 23 anni entra presso le religiose agostiniane..
IL TESTO Il Trattato sulla rovina dell’amor proprio e sulla edificazione dell’amore divino, pubblicato nel 1623 a Tournai, descrive, dividendolo secondo le quattro stagioni dell’anima, tutto il percorso di una vita spirituale. Le sue 600 pagine sono semplici e profonde, ma in una lingua un po’ contorta, probabilmente perché il fiammingo era più abituale che il francese nella regione di Jeanne.
§ 1. Se facciamo le cose perché Dio ci chiede di farle, allora la nostra intenzione è retta, aldilà del risultato. L’orazione non sfugge a questa regola generale della vita cristiana: non ha altra giustificazione che la gloria di Dio, cioè la sua felicità e la nostra, che consiste totalmente nella volontà di vivere, lui e noi, nella mutua disponibilità. Jeanne risponde di fatto a chi vorrebbe trovare nella preghiera dei vantaggi o meriti; ora, la preghiera è l’amore allo stato puro, poiché l’amore consiste nell’entrare nella volontà di colui che si ama, almeno…
CATECHISMO SPIRITUALE
Alla scuola dei santi
Cos’è un atto di fede?
Ecco le prime due domande del catechismo di s. Pio X:
Sei cristiano? Io sono cristiano per grazia di Dio. Perché dici: per grazia di Dio? Rispondo: per grazia di Dio, perché essere cristiano è un dono del tutto gratuito di Dio che non possiamo meritare.
Non solo non abbiamo meritato di essere cristiani, ma non abbiamo potuto meritarlo: Dio non ha voluto che avessimo questa possibilità. «Dio ha deciso di non ricompensare che le sue opere; quello che lui stesso non ha fatto in te, non conta per niente», ci ha detto Taulero (Sermone III per l’Epifania), e ne abbiamo concluso che essere cristiano suppone solo di «lasciare Dio effondersi in noi e trasformarci in lui» (Semi n. 222). E pure, «Dio che ti creato senza te, non ti salverà senza te!», ci dirà s. Agostino. Come conciliare questa assoluta gratuità dell’opera di Dio e la nostra responsabilità nella nostra salvezza? Si tratta di tutta la questione del rapporto tra grazia e libertà o, se lo si preferisce, la questione dell’atto di fede, «atto umano, cosciente e libero», recita il Catechismo della Chiesa Cattolica, ma nello stesso tempo «dono soprannaturale di Dio» (n.179-180)…
Il tema della rubrica è “Avvento: lentezza divina e pazienza umana”.