Un riposo operante
Autore: Jacques Bertot,1620-1681
Bertot risponde a tredici interrogativi centrali della vita mistica, con la profondità e l’esattezza che caratterizzano il suo insegnamento.
Ci si sarebbe aspettato dal Figlio di Dio che avesse fatto in modo di essere riconosciuto. Sarebbe stato come dimenticare che la sua azione è sovrannaturale e non si deve appoggiare su un’efficacia visibile: mai il Vangelo ce lo mostra alla ricerca del successo; non per modestia, ma perché il suo unico scopo è l’unione al Padre conformandosi alla sua volontà, proprio come la nostra salvezza consiste nel dono reciproco della nostra persona e della sua, dono che si opera “nel fondo dell’anima, dove tutto è silenzio e nel riposo”. In effetti, questo fondo è il punto di contatto tra noi e Dio, là dove ci dona di essere e di vivere, punto situato al di sopra e all’origine della nostra vita mentale, “là dove l’azione è riposo, come il riposo è azione”, azione da parte di Dio che dona, riposo da parte dell’uomo che riceve.
L’azione nasce dalla contemplazione nell’unione a Dio, così come il massimo di libertà corrisponde al massimo della sottomissione a Dio, il massimo di efficacia corrisponde al massimo di passività, etc. La sola cosa che dipende da noi, è quella di mantenerci in questo centro, cioè di formare e riformare in ogni istante il nostro atto di fede, la nostra adesione alla sua persona.
I veri contemplativi si riconoscono in questo testo: il loro bisogno d’interiorità e di raccoglimento è il segno più fondamentale della loro vocazione, che li attira in certo qual modo in Dio, “imprimendo nel loro interiore la stessa inclinazione che Gesù ebbe all’inizio della sua vita”.
L’orazione in domande risponde a: ««Se piove, è Dio che lo vuole!», scrivevate in Semi di qualche mese fa; ma se qualcuno muore in un incidente, o quando si scatena uno tsunami, voi dite che è sempre Dio che lo vuole? Come rispondere a chi si rivolta contro Dio davanti ad eventi del genere?».
Il tema della rubrica è: La preghiera contemplativa