Ritiri spirituali mensili

SIMONE WEIL – Riflessioni senza ordine sull’amore di Dio

In ogni istante il nostro essere ha come stoffa e sostanza l’amore che Dio nutre per noi. L’amore creatore di Dio che ci tiene in vita non è solo generosità sovrabbondante: è anche rinuncia, sacrificio. Non solo la passione, ma anche la creazione è rinuncia e sacrificio da parte di Dio.

Già come creatore, Dio si svuota della sua divinità, prende la forma di uno schiavo, si sottomette alla necessità, si abbassa. Il suo amore mantiene nell’esistenza, in un’esistenza autonoma e libera, degli esseri diversi da lui, diversi dal bene, degli esseri mediocri. Per amore li abbandona all’infelicità e al peccato: senza un tale abbandono essi non esisterebbero. La sua presenza li priverebbe dell’essere come una fiamma brucia una farfalla.

La religione insegna che Dio ha creato gli esseri finiti a livelli diversi di mediocrità. Noi, creature umane, constatiamo che ci troviamo al limite, all’estremo limite oltre il quale non è più possibile né concepire né amare Dio.

È per noi che Dio deve fare il cammino più lungo se vuole giungere fino a noi. Quando ha preso, conquistato e trasformato i nostri cuori, tocca a noi fare il cammino più lungo per giungere a nostra volta fino a lui. L’amore è proporzionato alla distanza.

È stato un amore inconcepibile a spingere Dio a creare degli esseri così lontani da lui. E grazie a questo amore inconcepibile egli discende fino a loro. È per un amore altrettanto inconcepibile che essi in seguito risalgono fino a lui. Si tratta dello stesso amore: essi possono risalire a Dio solo grazie all’amore che Dio ha immesso in loro quando egli stesso è andato a cercarli.

Ed è lo stesso amore che ha fatto sì che egli li creasse così lontani da sé. La passione non è concepibile senza la creazione. Anche la creazione è passione. La mia stessa esistenza è come una lacerazione di Dio, una lacerazione che è amore. Più io sono mediocre, più è evidente l’immensità dell’amore che mi mantiene nell’esistenza.

Il male del mondo, che noi vediamo dovunque sotto forma di infelicità o di delitto, è un segno della nostra distanza da Dio. Ma questa distanza è amore e come tale deve essere amata. Non dico che si debba amare il male. Ma bisogna amare Dio attraverso il male. Quando un bambino, giocando, rompe un oggetto prezioso, la madre non è contenta di questa distruzione. Se però in seguito il figlio va lontano o muore, la madre ripenserà a quell’incidente con una tenerezza infinita e vedrà in esso soltanto una manifestazione dell’esistenza del suo bambino.

In tal modo noi dobbiamo amare Dio attraverso tutte le cose buone e cattive, indistintamente. Finché lo amiamo nelle cose buone, ci illudiamo soltanto di amarlo; in realtà amiamo qualcosa di terreno a cui diamo il nome di Dio. Non dobbiamo tentare di trasformare il male in bene, cercando dei compensi o delle giustificazioni al male.

Dobbiamo amare Dio attraverso il male che c’è nel mondo, unicamente perché tutto quel che avviene è reale e dietro ogni realtà si trova Dio. Certe realtà sono più o meno trasparenti; altre sono del tutto opache ma dietro ad ognuna di esse, senza distinzione, c’è Dio.

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