Il titolo dell’opera introduce la distinzione tra amore di Dio implicito o indiretto, imperativo permanente connesso alla creaturalità in quanto tale, e amore di Dio esplicito, che nasce dal libero consenso all’irruzione dell’amore sponsale di Cristo.
La persona, amando il prossimo, la bellezza del mondo e le pratiche religiose, ama inconsapevolmente Dio, realmente presente in essi; l’insieme di questi amori precede e prepara l’amore personale ed esperienziale di Dio liberamente accolto e ricambiato, che genera nell’anima un sentimento di appartenenza responsabile. e la eleva dall’immagine, per creazione, alla somiglianza con Dio per amore.
Nell’amore del prossimo, generosità e compassione partecipano dell’unità dell’atto creativo e redentivo e si manifestano nell’attenzione verso lo sventurato, nell’immedesimarsi nell’altro, volendo per lui la propria stessa capacità di autodeterminazione; tale attenzione somiglia implicitamente all’atto di abbassamento del Verbo incarnato e, quasi sacramentalmente, ne veicola la presenza mediante i sentimenti di compassione e gratitudine tra colui che dà e colui che riceve: “il passaggio di un pezzo di pane da un uomo a un altro è come una vera comunione”. In assenza della carità di Cristo, si riceve l’elemosina senza la possibilità di riacquistare la dignità perduta, mancando la compassione, unica relazione capace di promozione umana.
Il problema dell’esistenza del male nel mondo trova soluzione, nel pensiero della mistica parigina, nella diminuzione dell’Essere di Dio nella creazione; Egli, infatti, la guida verso un fine di salvezza, rinunciando ad esercitare direttamente la sua onnipotenza sia sulla materia fisica, sia sulla volontà dell’uomo e dei sui suoi istinti (materia psichica); affidando l’evoluzione del creato alle leggi interne alla materia, il Creatore acconsente a non estendere il suo dominio persino nella lotta contro il male esistente nel mondo, che lungi dal negare, ne rivela l’esistenza. Lo sventurato, esposto agli assalti del male può uscirne indenne se, ad imitazione di Gesù Cristo, acconsente a limitare il proprio essere e obbedire alla necessità meccanica, ricevendone senza ribellione i colpi che, lacerando corpo e anima, aprono il varco all’Amore: “… pane e pietra vengono da Cristo, e penetrando nel nostro essere fanno entrare Cristo in noi”.
L’amore per l’ordine del creato è la seconda forma di amore implicito di Dio. La bellezza del creato manifesta e riflette un barlume della bellezza trascendente “il sorriso di Cristo” che si offre alle creature suscitando in esse un desiderio inappagato che attira incessantemente oltre ciò che è manifesto; quasi sacramentalmente la bellezza intramondana veicola la bellezza ultraterrena che rapisce l’anima, lasciandola nell’inquietudine di assoluto: “trappola più frequente di cui si serve Dio per aprirla al soffio che viene dall’alto”. Nella libera rinuncia all’illusoria autoelevazione di sé al centro dell’universo (rinnegamento di sé), l’anima ripone il proprio equilibrio in Dio, si orienta sempre più verso il proprio centro, dal quale Dio le comunica una conoscenza immediata di Sé e del creato, vede attraverso lo sguardo di Dio: “vediamo e sentiamo in modo diverso”, riconosce negli eventi cosmici la signoria di Dio, ama l’ordine del creato con lo stesso stoico amore di Dio, capace di rinuncia e limitazione del proprio essere per consentire all’altro di esistere autonomamente; questo amore la rende a immagine di Dio.
La possibilità di giungere alla fede mediante la purezza dell’amore per la bellezza nelle sue forme particolari rivela un elemento autobiografico inerente all’approdo al cristianesimo della filosofa ebrea; così scrive in una lettera a Perrin: «… una poesia intitolata “Amore”, l’ho imparata a memoria e spesso, nei momenti culminanti delle violenti crisi di emicrania, mi sono esercitata a recitarla, ponendovi la massima attenzione e aderendo con tutta l’anima alla tenerezza che essa racchiude. Credevo di recitarla soltanto come una bella poesia, mentre a mia insaputa quella recitazione, aveva la virtù di una preghiera». Questo amore implicito, risentito a posteriori come una trappola tesa da Dio per conquistare l’anima, conduce all’amore esplicito, al consenso della sposa sedotta da Dio: «… ero occupata a recitarla in me stessa nel momento in cui Cristo è disceso e mi ha presa».
L’amore per le pratiche religiose, benché meno diffuso, è anch’esso amore implicito e sacramentale di Dio, che conduce alla salvezza chiunque vi si dedichi con sincerità di cuore.