- Biografia 2
- Caterina Fieschi da Genova
- Capitolo quattordicesimo. La vanagloria non poteva entrare in quella sua mente purificata a causa della chiara vista della verità.
- La vanagloria non poteva entrare in quella mente a causa della vera verità veduta, e questa sua disperazione di se medesima faceva sì che tutta la sua confidenza fosse in Dio solo, amore suo dolcissimo, nel quale si abbandonava anima e corpo dicendo: «Fa di me tutto quello che vuoi», con una fiducia certa che non la dovesse mai abbandonare, soprattutto nel non lasciarla cadere in alcun peccato. E avrebbe scelto più facilmente tutti gli inferni immaginabili che vedersi una macchia di peccato addosso, per minima che fosse stata; ancorché presso Dio non si possa dire del peccato cosa minima, ma piuttosto grande e grandissima, per quanto minimo si possa immaginare il peccato; dal momento che è tanta la bontà di Dio che ogni cosa, quantunque minima contro tale bontà, è cosa grandissima.
- Non solo quest’anima purificata non aveva alcuna reputazione di se medesima né vanagloria di qualcosa, ma aveva molto a cuore di essere ripresa e avvisata di qualche sua inclinazione e mai si scusava, quanto piuttosto cercava di essere consigliata e ripresa. Era tanta la profonda vista interiore di quella mente illuminata che diceva cose tanto intime e di tanta perfezione che erano quasi incomprensibili anche agli intelletti devoti.