L’uomo è un mistero a se stesso; soltanto il Creatore conosce i suoi mali e il bisogno di manifestarli all’interno di relazioni umane, insufficienti a veicolare la Grazia ma utili se conducono all’atto sacramentale della confessione. Questa, istituita e prescritta da Dio come mezzo efficace di salvezza e di guarigione spirituale, consiste nella totale e mortificante, interna ed esterna auto consegna, nella quale il penitente manifesta tutta la verità di sé, assumendone piena consapevolezza con l’aiuto della Grazia liberante. Soltanto guardando la vita del Figlio di Dio e il suo atteggiamento confessante dinanzi al Padre il penitente comprende la genesi e la dinamica sacramentale della confessione, istituita nella Pasqua del Signore, che riassume la sua intera esistenza terrena. Anche per il cristiano la confessione riguarda l’atteggiamento esistenziale di verità della coscienza nei confronti del prossimo del mondo e di Dio; pertanto l’atto sacramentale non può che essere il momento dell’esodo da se stessi, il prendere distanza dal proprio peccato, guardarlo in faccia per poterlo giudicare specchiandosi nel Figlio fatto uomo, nell’assoluta e trasparente auto consegna e apertura di cuore al Padre in piena docilità all’azione dello Spirito Santo.
Volendo distruggere il peccato nella carne, nel battesimo al Giordano il Figlio di Dio si mette dalla parte degli uomini; vivendo innocente come un peccatore, sperimenta il peccato e lo assume confessandolo, nella trasparenza della sua anima nell’atto stesso del suo riconoscimento, al Padre che vede il Figlio straziato dalle colpe degli uomini. La salvezza del peccatore viene dalla perfetta veracità di Gesù identificatosi col peccato, nella sospensione del giudizio completamente rimesso al Padre, al punto da non averne la conoscenza nel momento dell’impero delle tenebre e di subirne la devastante conseguenza di passione, morte e discesa agli inferi. Esperienza di morte e di tenebra, permessa dal Padre, attraverso la quale il Figlio conosce oggettivamente l’amorfa e tenebrosa mostruosità del peccato che preclude ai dannati la visione di Dio. L’estremo dolore annebbia la sua coscienza di unione di volontà col Padre, non comprende più nulla, il suo sacrificio perde ogni significato; quando tutto si oscura, nell’istante del totale abbandono e dell’estrema consegna alla morte, riceve l’assoluzione di tutti i peccati di cui si è caricato.
La dinamica sacramentale della confessione nel suo mistero di assunzione di responsabilità personale del peccato e fiducioso abbandono da parte del penitente si iscrive nel sacrificio di Cristo che, nella sua passione e morte si è addossato il peccato del mondo e risorgendo giustificato si dà efficacemente nell’assoluzione al peccatore pentito e confessante, il cui peccato è stato allontanato e completamente soddisfatto nella Pasqua del Signore. Il penitente, in minima parte, ripercorre l’esperienza del cammino della croce, nel confessare il proprio peccato. L’identificazione oggettiva col peccato del Figlio di Dio, molto vicina a quella del penitente di fronte al confessore, corrisponde alla desolazione del peccatore pentito che si identifica col proprio peccato. Nel sabato santo, l’esperienza di Gesù, morto per il peccato del mondo, disceso nel regno dei morti e del peccato amorfo e senza scampo, corrisponde nella confessione all’esortazione del sacerdote che, prima dell’assoluzione, con la sua paterna esortazione, induce il penitente a riflettere sul doloroso peso del quale si è caricato e sull”efficacia del sacrificio di Gesù che si è offerto per lui sulla croce e sull’altare.