«Una civiltà di parole è una civiltà sconvolta. Le parole creano confusione. Le parole non sono la parola – scrisse Ionesco nel Diario in frantumi – Non vi sono parole per l’esperienza più profonda. Quanto più cerco di spiegarmi, tanto meno mi capisco. Naturalmente non tutto è inesprimibile in parole, soltanto la verità viva».
Cercherò di evidenziare la tensione polare esistente tra parola e silenzio, tra parola anonima, irresponsabile, e parola originaria, sia accennando ad una sommaria spiegazione della crisi attuale in cui versa la parola sia puntando su un approfondimento teologico sulla questione. Le domande che mi pongo nelle due parti della conversazione sono: il silenzio vorrebbe oggi essere l’ascesi della parola, per ricondurla alla sua casa originaria; perché si sente questo bisogno? Come il cristianesimo, religione della Parola, si destreggia in questa tensione critica, oggi aggravata.
1. Crisi attuale della parola
Evochiamo semplicemente un quadro interpretativo per situarvi la crisi della parola nella modernità, che è la crisi della sua assolutezza. Prendiamo due metafore per tratteggiare il quadro: la metafora della luce e la metafore della notte, immagini che devo a mons. Bruno Forte.
1.1. La metafora della luce
Sta alle nostre spalle un fenomeno culturale europeo con forti ripercussioni sul nostro presente, con vantaggi e svantaggi, il cui nome è connesso al termine “luce”: l’Illuminismo. Esso si è posto quale inizio di questo tempo della luce nuova, il tempo della modernità. Che cos’è questa luce del tempo moderno? È la luce della ragione che illumina tutte le cose, perché ogni cosa sia baciata…