Unione

Autore Merton Thomas

UNIONE IN CRISTO –  Si potrebbe dire che nessuno può arrivare a un’autentica autocomprensione interiore se prima non ha preso coscienza di sé in quanto membro di un gruppo, in quanto «io» alle prese con un «tu» che completa e realizza il suo essere. In altre parole, l’io interiore vede l’altro non come una limitazione nei suoi confronti ma come suo complemento, come il suo «altro io», e in un certo senso si identifica con quell’altro, tanto che i due «sono una cosa sola». Questa unità nell’amore è una delle realizzazioni più caratteristiche dell’io interiore, cosicché, paradossalmente, l’«io» interiore è non solo isolato ma nello stesso tempo unito con gli altri su un piano superiore, che è di fatto il piano della solitudine spirituale. Il suo io interiore è, di fatto, inseparabile da Cristo e quindi, in un modo misterioso e unico, è inseparabile da tutti gli altri «io» che vivono in Cristo, in modo tale che tutti insieme formano un’unica «persona mistica» che è «Cristo». (MERTON T., L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo,  Cinisello Balsamo 2005, p. 54).

 

Autore Giovanni della Croce s.

UNIONE TRASFORMANTE – Rinascere nello Spirito Santo in questa vita, consiste nel fatto che un’anima diventa molto simile a Dio in purezza, senza avere in sé alcuna mescolanza d’imperfezion ; e così si può fare una pura trasformazione per partecipazione d’unione, sebbene non essenzialmente. Affinché si comprenda meglio l’una e l’altra poniamo un paragone: Il raggio di sole batte su un vetro. Se il vetro è coperto di macchie o di vapori grossolani, esso non potrà rischiararlo né trasformarlo interamente nella sua luce, come se fosse netto e puro da tutte le macchie. Al contrario, tanto meno lo schiarirà, quanto meno sarà privo di veli e macchie, e tanto più, quanto più sarà pulito. Ciò non sarà per difetto del raggio, ma del vetro. Perché se esso fosse interamente limpido e puro, il raggio lo schiarirebbe e lo trasformerebbe talmente da farlo sembrare il raggio stesso e darebbe la sua stessa luce; benché in verità, il vetro, malgrado la sua somiglianza col raggio, abbia il suo essere naturale distinto da quello del raggio; ma noi possiamo dire che quel vetro è raggio o luce per partecipazione. Così, l’anima è come un vetro nel quale batte sempre, o per meglio dire, nella quale dimora sempre, questa luce divina dell’essere di Dio, com’è stato detto. L’anima, dunque, facendo posto (cioè togliendo da sé ogni velo e ogni macchia di creatura, tenendo la volontà perfettamente unita a quella di Dio – perché amare è adoperarsi a spogliare se stessi e a denudarsi per Dio di tutto ciò che non è Dio), dimora ben presto illuminata e trasformata in Dio. Egli le comunica il suo essere soprannaturale in maniera tale che ella sembra Dio stesso, e ciò che Dio stesso possiede. Quando Dio accorda questo soprannaturale favore all’anima, si compie una tale unione che tutte le cose di Dio e dell’anima sono una cosa sola in trasformazione partecipata; ed ella sembra più essere Dio che essere anima, ed ella stessa è Dio per partecipazione, anche se in verità, il suo essere naturale è distinto da quello di Dio tanto quanto lo era prima, sebbene sia trasformata; così come il vetro ha il suo essere distinto da quello del raggio, quando è illuminato. (JUAN DE LA CRUZ, Subida del Monte Carmelo (2S 5,7), in Vida y Obras de San Juan de la Cruz, Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1972, pp. 114-115. La traduzione è nostra).

 

Autore Giovanni della Croce s.

UNIONE TOTALE O DI VOLONTA’ – L’anima che vuole pervenire all’unione totale con Dio, deve sbarazzarsi e liberarsi da tutti gli altri appetiti volontari anche se piccoli […]. La ragione di ciò va ricercata nel fatto che questa unione consiste nella totale trasformazione della nostra volontà in quella di Dio di modo che in essa niente vi sia di contrario al volere dell’Altissimo, ma ogni suo atto dipenda totalmente dal beneplacito divino. (GIOVANNI DELLA CROCE, Salita del Monte Carmelo, I; II, in FERDINANDO DI S. MARIA (Ed.), San Giovanni della Croce Dottore della Chiesa. Opere, O.C.D. 1998, p.50 ).

 

Autore Teresa d’Avila s.

UNIONE DI VOLONTA’ – (Il nostro buon maestro) sa che non vi è nulla di più vantaggioso per noi che consacrare la volontà al Suo Eterno Padre, perché con questa offerta ci disponiamo a raggiungere in breve il termine del cammino e a bere l’acqua viva di quella fonte di cui ho parlato, essendo fuori di dubbio che Egli non ci permetterà mai di berne se non a patto di aver prima da noi l’offerte di tutta la nostra volontà, in modo che possa disporre di noi e delle nostre cose come meglio gli piace.

L’acqua è la contemplazione perfetta di cui mi avete pregata di parlarvi. (essa) supera qualunque nostra attività, non vi possiamo concorrere in nulla, né a nulla giova ogni nostra possibile industria

Il Signore più vede che il dono della nostra volontà si manifesta non con parole di complimento ma con fervore di opere, più a sé ci attira; e innalzando l’anima al di sopra di se stessa e di tutte le cose terrene, la prepara a ricevere grandissimi favori. Stima tanto quel dono che non cessa di ricompensarlo fin da questa vita: L’anima non saprà più che domandargli, ed Egli continuerà a donare. E non contento di unirla a se stesso facendosi un tutt’uno con lei, comincerà a compiacersene, a scoprirle i suoi segreti, a farle comprendere il molto che ha guadagnato e intravedere la felicità che le viene preparata. Poi, per levarle d’attorno ogni ostacolo, le sospenderà a poco a poco anche i sensi esteriori, ed ella si troverà in quello stato che si chiama di rapimento. Allora Dio comincerà a trattarla con maggiore amicizia, le ritornerà la volontà che ella gli ha offerto, e le darà insieme la sua. E queste due volontà andranno molto d’accordo; perché Dio, vedendo che l’anima fa quello che Egli vuole, farà anch’Egli quello che ella vuole, per cui, come suol dirsi, ella comanderà ed Egli obbedirà. E ciò in modo assai perfetto, perché Egli è onnipotente e può fare quel che vuole, né lascia mai di volere. (TERESA D’AVILA S., Cammino di perfezione, 32, 9).

 

Autore De Caussade J. P.

UNIONE DI VOLONTA’ Bisogna sottolineare bene che si tratta della sua volontà nascosta, della sua volontà improvvisa, occasionale e, potremmo dire, imprevedibile. La chiamerò, se volete, volontà di pura provvidenza, per distinguerla da quella che ci indica i doveri precisi da cui nessuno si deve dispensare. Lasciando da parte questa volontà specificata e determinata, dico che le anime di cui parlo vivono per situazione nella dipendenza dall’altra volontà che chiamo di pura provvidenza. Da questo deriva che la loro vita, benché molto straordinaria, non presenta tuttavia niente che non sia comune e del tutto ordinario; adempiono i doveri della religione e del loro stato nel modo in cui anche le altre in apparenza lo fanno. Anche se le osserviamo nelle altre cose, niente appare di notevole ne di particolare; sono totalmente immerse nel corso degli avvenimenti ordinari e quello che potrebbe distinguerle non cade sotto gli occhi. E questa continua dipendenza che le vincola alla volontà suprema, che sembra disporre tutto per loro. Questa volontà le rende costantemente padrone di se stesse mediante la sottomissione abituale del loro cuore. Questa volontà, inoltre, sia che esse vi cooperino espressamente, sia che vi obbediscano senza accorgersene, le impegna al servizio delle anime. Non vi sono ne onori ne vantaggi per un tale compito svolto nella più grande nudità e inutilità agli occhi del mondo . Queste anime, distaccate per profonda disposizione da quasi tutti gli impegni esteriori, sono poco adatte ai rapporti col mondo, agli affari, ai progetti e alle attività industriose. Ci si può fidare ben poco di esse e non si vede in loro che debolezza di corpo e di spirito, di immaginazione, di passioni. Pare che non si accorgano di nulla, non pensano a niente, non prevedono e non prendono a cuore niente. Sono, per così dire, allo stato grezzo; nulla appare in loro di quello che la cultura, lo studio e la riflessione danno all’uomo. Si scorge in esse ciò che la natura mostra nei bambini prima che siano passati per le mani dei maestri incaricati di formarli; si vedono solo i loro piccoli difetti che, senza renderle più colpevoli dei bambini, in esse urtano più che in costoro. Dio infatti toglie tutto a queste anime eccetto l’innocenza, perche non posseggano che lui solo. Il mondo, che ignora questo mistero, non le giudica che secondo le apparenze, perciò non trova in esse niente di quello che è abituato a godere e ad apprezzare. Così le respinge e le disprezza e divengono come il bersaglio di tutti; più si vedono da vicino meno sono comprese e si sente per loro ostilità; non si sa che cosa dire e che cosa pensare di esse. Un non so che parla tuttavia in loro favore, ma invece di seguire questo istinto, o per lo meno di trattenere il giudizio, si preferisce seguire la propria malignità. Perciò si spiano le loro azioni per giudicarle a modo proprio, e come i farisei non potevano apprezzare il comportamento di Gesù, le si considera con occhi tanto prevenuti che tutto quello che fanno sembra ridicolo o colpevole. Purtroppo, queste povere anime pensano altrettanto a proprio svantaggio. Unite semplicemente a Dio mediante la fede e l’amore, vedono tutto il sensibile che è in loro come nel disordine. Ciò le rende ancor più prevenute quando si paragonano con coloro che passano per santi i quali, capaci di assoggettarsi alle norme e ai metodi, non mostrano nulla che non sia ben regolato in tutta la loro persona e nel compimento delle loro azioni: allora la vista di se stesse le copre di confusione e riesce loro insopportabile. È questo che trae dal fondo del loro cuore quei sospiri e quei gemiti amari che indicano l’eccesso del dolore e dell’afflizione di cui sono piene. Ricordiamoci che Gesù era Dio e uomo a un tempo; come uomo era annientato e come Dio era pieno di gloria. Queste anime, senza partecipare alla sua gloria, vivono solo le morti e gli annientamenti che operano in esse le loro tristi e dolorose apparenze. Esse sono, agli occhi del mondo, come Gesù era agli occhi di Erode e della sua corte. Mi sembra che sia facile concludere da tutto ciò che queste anime abbandonate non possono, come le altre, occuparsi di desideri, di ricerche, di sollecitudini, ne legarsi a certe persone, entrare in certi progetti, prescriversi certi sistemi metodici o schemi studiati di parlare, di agire, di leggere. Tutto ciò presupporrebbe che possano disporre ancora di se stesse, cosa che la situazione di abbandono in cui si trovano esclude di per se. È questo uno stato in cui si arriva ad appartenere a Dio attraverso una cessione piena e totale di tutti i propri diritti su se stessi: sulle proprie parole, azioni, pensieri e comportamenti; sull’impiego del proprio tempo e su tutte le situazioni che possono prodursi. Una sola cosa rimane da fare, ed è quella di aver sempre gli occhi fissi sul Signore che si è scelto e di restare incessantemente in ascolto per intuire e conoscere la sua volontà ed eseguirla con prontezza. (DE CAUSSADE J. P., l’abbandono alla divina Provvidenza, S. Paolo 1986, pp.29-31).

 

Autore Merton Thomas

Vedi Agape

 

Autore Merton Thomas

Vivere «in Cristo» è vivere in un mistero uguale a quello dell’Incarnazione. Perché come Cristo unisce nella Sua unica Persona le due nature di Dio e di uomo, allo stesso modo facendoci Suoi amici Egli abita in noi, unendoci intimamente a Lui. Abitando in noi Egli diventa, si può dire, come il nostro io superiore, poiché Egli ha unito e identificato con Se stesso il nostro io più intimo. Dal momento che abbiamo accolto in noi il Suo amore per mezzo della fede e della carità, una unione soprannaturale delle nostre anime con la Sua Divina Persona abitante in noi ci fa partecipi della Sua filiazione divina e della Sua natura. Un «nuovo essere» è tratto all’esistenza. Io divento un «uomo nuovo» e questo uomo nuovo, che è spiritualmente e misticamente un’unica identità, è al tempo stesso Cristo e me stesso. Il linguaggio del Nuovo Testamento e la dottrina della Chiesa insegnano a me credente che questa unione spirituale del mio essere con Cristo in un «uomo nuovo» è opera dello Spirito Santo, lo Spirito di Amore, lo Spirito di Cristo. (MERTON T., Semi di contemplazione, B. TASSO – E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, p. 123).

 

Autore Merton Thomas

UNIONE PER SPIRAZIONE – L’unione del cristiano con Cristo non è semplicemente similarità di inclinazioni e di sentimenti, un mutuo consenso di menti e di volontà. Ha qualità più radicale, più misteriosa, più soprannaturale: è una unione mistica, per la quale Cristo stesso diventa fonte e principio di vita divina in me. Cristo stesso, per usare una metafora tratta dalla Sacra Scrittura, «spira» in me il Suo alito divino, donandomi il Suo Spirito. La missione sempre rinnovata dello Spirito nell’anima, che è in grazia di Cristo, deve essere intesa per mezzo dell’analogia del respiro naturale che continua a rinnovare di momento in momento la nostra vita corporea. Il mistero dello Spirito è il mistero dell’amore altruistico. Lo riceviamo nella «ispirazione» di un amore segreto, e lo diamo agli altri nel riversare su di loro la nostra carità. La nostra vita in Cristo comprende quindi sia un ricevere che un dare. Riceviamo da Dio, nello Spirito, e nello stesso Spirito ridiamo a Dio il nostro amore, riversandolo sui nostri fratelli. (MERTON T., Semi di contemplazione, B. TASSO – E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, pp.-123- 124).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

Dio ha creato le anime degli uomini per Sé. Egli vuole unirle a Sé e donare loro l’incommensurabile pienezza e l’ineffabile beatitudine del Suo stesso Essere, della Sua vita divina: già in questa vita. Questa è la meta, cui le inclina ed a cui esse stesse, con tutte le loro forze,devono tendere.

Il cammino però per giungervi è aspro, ripido e faticoso. Pochi giungono ai primi inizi, mentre uno sparuto piccolo numero giunge alla meta. Per colpa dei pericoli del cammino; per i pericoli da parte del mondo, del nemico maligno e della propria natura,ma anche per l’ignoranza e carenza nella guida appropriata. (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008,  pp. 37-39).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

Vedi Spoliamento

 

Autore Merton Thomas

UNITA’ DI SPIRITO – L’uomo non è completamente uomo se non è «uno spirito solo con Dio». L’uomo è «spirito» quando è al tempo stesso anima, animus e spiritus. Ma questi tre non sono numericamente distinti. Essi formano una cosa sola. E quando sono perfettamente ordinati nell’unità, pur ritenendo ognuno le sue qualità proprie, l’uomo è ricostituito ad immagine della Santissima Trinità. La «vita spirituale» è quindi la vita perfettamente equilibrata, nella quale il corpo, con le sue passioni e i suoi istinti, la mente con la sua capacità di raziocinio e la sua obbedienza ai principi, e lo spirito con la sua illuminazione passiva ad opera della Luce e dell’Amore di Dio, formano un uomo completo che è in Dio e con Dio, da Dio e per+ Dio.È un uomo in cui Dio è tutto in tutto. Un uomo in cui Dio esercita la Sua volontà senza ostacoli. (MERTON T., Semi di contemplazione, TASSO B.- LANTE ROSPIGLIOSI E. (Edd), Ed. Garzanti, 1991, p.).

 

Autore Guyon Jeanne

L’unione delle potenze è quella mediante la quale Dio unisce a sé l’anima in maniera del tutto superficiale: la tocca, piuttosto che unirla a sé. Essa è tuttavia unita alla Trinità delle Persone secondo i diversi effetti che le sono propri; ma sempre come a persone distinte e per operazione mediata, dato che l’operazione svolge in questo caso la funzione di mezzo e di fine, in quanto l’anima trova riposo in questa unione che sperimenta, poiché non crede che si debba proseguire più oltre. Tale unione si attua con ordine in ciascuna delle potenze dell’anima, e si osserva talvolta in una o due di esse, secondo il disegno di Dio, e talaltra in tutte e tre insieme. Tale è l’applicazione dell’anima alla santa Trinità come a Persone distinte. Quando l’unione è nel solo intelletto, si tratta dell’unione di pura conoscenza e viene attribuita al Verbo come persona distinta. Quando l’unione è nella memoria, il che avviene grazie a un assorbimento dell’anima in Dio e a un profondo oblio delle creature, viene attribuita al Padre come persona distinta. E quando si fa sentire nella sola volontà, grazie a un godimento amoroso senza visione né conoscenza distinta, si tratta dell’unione d’amore, attribuita allo Spirito Santo come persona distinta. Quest’ultima è la più perfetta di tutte, perché più di ogni altra avvicina all’unione essenziale, e perché è principalmente per suo mezzo che l’anima vi perviene. Tutte queste unioni sono abbracci divini; ma non è ancora il bacio della bocca. […].

Ecco in poche parole che cos’è l’unione delle potenze, che è un’unione di fidanzamento e che implica sì il sentimento del cuore, le carezze e i doni reciproci come è tra i fidanzati, ma non il perfetto godimento dell’oggetto.

 

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Luglio, 2024