Notte

Autore Giovanni della Croce s.

NOTTE OSCURA – Per chiarire e far comprendere questa notte oscura per la quale l’anima passa per arrivare alla divina luce dell’unione perfetta dell’amore di Dio (come la si può avere in questa vita) occorrerebbe altra esperienza e altra luce di scienza che la mia. Perché sono talmente tante e sì profonde le tenebre e i travagli, sia spirituali che temporali, che queste anime fortunate sono solite soffrire per arrivare a questo stato di perfezione, che la scienza umana non saprebbe comprenderlo nè l’esperienza dichiararlo. Solo colui che vi sarà passato potrà sentirli ma non dirli. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Salita del monte Carmelo, Prologo, n. 1).

 

Autore Merton Thomas

NOTTE OSCURA – Durante la «notte oscura» della fede, bisogna lasciarsi guidare alla realtà non da cose visibili e tangibili, non dall’attestazione dei sensi o dalla comprensione della ragione, non da concetti carichi di speranza naturale, o gioia, o paura, o desiderio, o tristezza, ma dalla «fede oscura» che trascende ogni desiderio e non cerca alcuna soddisfazione umana e terrena, oltre a ciò che è voluto da Dio o connesso con la sua volontà. senza questo distacco essenziale, nessuno può sperare di entrare nelle proprie profondità intime e sperimentare il risveglio di quell’io interiore che è la dimora di Dio, il suo luogo nascosto, il suo tempio, la sua roccaforte e la sua immagine. (MERTON T., L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 46).

 

Autore Giovanni della Croce s.

Bisogna sapere che, per giungere allo stato di perfezione, un’anima deve ordinariamente passare prima attraverso due maniere principali di notte, che gli spirituali chiamano ‘purgazioni’ o ‘purificazioni’ dell’anima. E qui noi le chiamiamo ‘notti’ perchè l’anima, sia nell’una che nell’altra, avanza come di notte, nell’oscurità. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Salita del monte Carmelo, Prologo n.1)

 

Autore Giovanni della Croce s.

SEGNI DELLA NOTTE DEL SENSO – Il primo è l’assenza di gusto e consolazione nelle cose di Dio e in qualsiasi cosa creata. Infatti, allorché Dio introduce l’anima in questa notte oscura per condurla all’aridità e purificarla dall’appetito sensitivo, non le permette di provare consolazioni in cosa alcuna. Da ciò si riconosce abbastanza bene che tale aridità e disgusto non provengono da colpe o imperfezioni commesse recentemente; se così fosse, la natura dovrebbe sentire qualche inclinazione o attrazione per qualcosa di diverso da Dio. Difatti, quando la volontà si lascia andare a qualche imperfezione, si sente subito inclinata, più o meno fortemente, verso questa medesima imperfezione, secondo il piacere o l’affetto riversati su di essa. Ma poiché la ripugnanza per le cose del cielo e per quelle terrene potrebbe derivare da qualche indisposizione fisica o dal temperamento malinconico, che spesso non lascia provare piacere in nulla, occorre un secondo segno o una seconda condizione.

Il secondo segno che conferma la presenza della purificazione dei sensi consiste nei ricordarsi abitualmente di Dio con una sollecitudine e un’attenzione che dà pena; ci si preoccupa di non servire Dio, anzi di regredire, perché non si prova più gusto nelle cose divine. Ciò dimostra che il disgusto e l’aridità non provengono da fiacchezza e tiepidezza. Difatti è proprio della tiepidezza non preoccuparsi molto né avere sollecitudine per le cose di Dio. C’è, quindi, molta differenza tra la secchezza e la tiepidezza. È proprio della tiepidezza generare una grande fiacchezza e svogliatezza nella volontà e nell’intelligenza, così da non preoccuparsi delle cose di Dio. Al contrario, la secchezza purificatrice per sua natura comporta una sollecitudine costante e un’attenzione sofferta, per paura di non servire Dio. Questa, sebbene a volte sia aggravata da malinconia o da altro umore cattivo – e accade spesso -, non per questo cessa di avere il suo effetto purificante nella volontà, poiché l’anima è privata di ogni consolazione e desidera solo servire Dio. […] Questa secchezza è dovuta al fatto che Dio trasferisce allo spirito i beni e la forza dei sensi, e poiché i sensi e la natura non sono capaci di tali beni spirituali, restano privi di nutrimento, nella secchezza e nel vuoto. La parte sensitiva, infatti, non è capace di accedere a ciò che è puro spirito. Così, quando lo spirito gode, la carne è scontenta e non ha voglia di agire. Quanto allo spirito, che si va nutrendo, si fortifica, diventa più vigile e attento di prima a non offendere Dio. A causa della novità di tale cambiamento, non sente subito all’inizio le gioie e le delizie spirituali, ma solo aridità e ripugnanza. Il suo palato è tuttora abituato ai gusti sensibili, ragion per cui fa ancora riferimento ad essi. D’altra parte, il suo palato spirituale non è ancora abituato a simili grazie e non è purificato per ricevere cibi così fini. Fin quando non si sarà gradualmente preparato attraverso questa notte arida e oscura, non potrà sentire i gusti e i beni spirituali. Proverà solo aridità e ripugnanza, venendogli a mancare il piacere che prima gustava con tanta facilità. […] Quando queste aridità dipendono dalla purificazione che sta subendo l’appetito sensitivo, anche se lo spirito all’inizio non gusta il sapore per i motivi suddetti, sente però la forza e lo slancio ad agire che gli offre la sostanza di questo cibo interiore. Tale alimento segna l’inizio della contemplazione oscura e arida per i sensi, contemplazione nascosta e segreta anche per colui che la possiede. Di solito l’anima che prova questa aridità e vuoto dei sensi, è attratta dal desiderio di stare sola e in pace, senza dover pensare a qualcosa di particolare né averne voglia. Se le anime che si trovano in questa situazione sapessero rimanere nella calma, tralasciare qualsiasi opera interiore ed esteriore, senza preoccuparsi di fare qualcosa, allora nell’oblio e nell’intimo riposo gusterebbero subito quel cibo interiore. Esso è tanto delicato che, pur avendo la voglia e l’attenzione a sentirlo, di solito non si percepisce, perché, ripeto, esso agisce nel riposo più assoluto e nell’oblio totale dell’anima. È come l’aria che sfugge di mano quando la si vuole afferrare. Al riguardo possiamo capire ciò che la sposa dice allo Sposo nel Cantico: Distogli da me i tuoi occhi; il loro sguardo mi rapisce (Ct 6,4). Infatti Dio mette l’anima in uno stato tale e la guida per vie così insolite che, se essa volesse servirsi delle sue facoltà, disturberebbe l’opera di Dio anziché aiutarla; in breve, avviene il contrario di quanto accadeva prima. Questo perché l’anima è ormai nello stato di contemplazione; è uscita dalla fase discorsiva per entrare nello stato dei proficienti. Ormai è Dio che agisce in lei e imbriglia le sue potenze interiori, togliendo ogni appoggio all’intelletto, ogni gusto alla volontà e ogni ragionamento alla memoria. In questa fase, ciò che l’anima può fare di suo non serve, come ho già detto, anzi disturba la pace interiore e l’opera che Dio compie nello spirito per mezzo dell’aridità nei sensi. Ora, poiché quest’intervento divino è spirituale e delicato, l’opera si svolge nella calma e nella delicatezza; è un’opera segreta, soddisfacente, pacifica e affatto estranea a tutti i piaceri anteriori, che erano palpabili e sensibili. Tale è la pace che Dio annunzia all’anima, come dice Davide (Sal 84,9), per renderla spirituale. Da qui nasce il terzo segno.[…]

Il terzo segno per riconoscere la purificazione dei sensi è l’incapacità, da parte dell’anima, di meditare o di discorrere servendosi dell’immaginazione, come faceva prima, per quanti sforzi compia. Ora Dio comincia a comunicarsi all’anima non per mezzo dei sensi, come in precedenza; non per mezzo dell’attività discorsiva che compone e ordina le cognizioni; ma per mezzo dello spirito puro, nel quale non si sviluppa il ragionamento. Le si comunica in un atto di semplice contemplazione, a cui non possono giungere i sensi interni ed esterni della parte inferiore. Per questo motivo l’immaginazione e la fantasia non possono trovare in essi un punto d’appoggio per qualche considerazione, né fare affidamento su di essi in quel momento o in avvenire. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura, Libro I, cap. 9).

 

Autore Giovanni della Croce s.

COMPORTAMENTO DELL’ANIMA NELLA NOTTE DEL SENSO – Il comportamento che l’anima deve tenere in questa notte dei sensi è quello di non preoccuparsi affatto del ragionamento e della meditazione, perché non è più il tempo per queste cose. Cerchi piuttosto di restare nella pace e nella calma, anche se ha la sensazione netta di non fare niente, di perdere tempo, e a motivo della sua tiepidezza non ha voglia di pensare a nulla. Sarà già molto se conserverà la pazienza e persevererà nell’orazione, pur non facendo altro. L’unica cosa da fare è lasciare l’anima libera, sgombra e al riparo da tutte le conoscenze e i pensieri, non preoccupandosi di cosa dovrà pensare o meditare. Si limiterà soltanto a un’attenzione piena d’amore e di pace in Dio, evitando ogni preoccupazione, desiderio ardente o semplice voglia di gustarlo o di sentirlo. Tutte queste pretese, infatti, turbano e distraggono l’anima dalla pacifica quiete e dal dolce riposo della contemplazione che le viene concesso. Anche se le viene lo scrupolo di perdere tempo e pensa che sarebbe bene fare qualcos’altro, poiché nell’orazione non può fare né pensare nulla, abbia pazienza e rimanga tranquilla, perché non si va all’orazione per cercarvi un piacere personale o la libertà di spirito. Se l’anima vuole fare qualcosa di sua iniziativa con le facoltà interiori, non farà che disturbare e perdere i beni che Dio sta imprimendo in lei attraverso la pace e la quiete dello spirito. È come se un pittore volesse dipingere o disegnare un volto: se la persona muove continuamente la testa per fare qualcosa, il pittore non può concludere nulla perché viene disturbato nel suo lavoro. Allo stesso modo, quando l’anima vuole stare nella pace e nella quiete interiore, qualsiasi azione, affetto o attenzione che essa volesse coltivare non farebbe che distrarla, metterla in agitazione e procurarle aridità e vuoto dei sensi. Quanto più vorrà appoggiarsi agli affetti e alle conoscenze, tanto più ne sentirà la mancanza che non può essere colmata attraverso questi mezzi. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura, Libro I, cap. 10).

 

Autore Giovanni della Croce s.

NOTTE VANTAGGIOSA – La notte o purificazione degli appetiti è vantaggiosa per l’anima a motivo dei grandi beni e profitti che le procura, anche se, come ho detto, a lei sembri che glieli tolga. Come Abramo fece gran festa quando svezzò il figlio Isacco (Gn 21,8), così in cielo ci si rallegra quando Dio toglie un’anima dalle fasce, non la tiene più in braccio, ma la fa camminare sui suoi piedi. E ci si rallegra anche perché, togliendole il latte e il nutrimento delicato e dolce dei bambini, le dà a mangiare il pane con la crosta e fa sì che vi prenda gusto. In quest’aridità e notte dei sensi comincia a essere offerto il cibo dei forti allo spirito libero e distaccato da ogni consolazione sensibile. Questo pane è la contemplazione infusa, di cui ho parlato.( GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura, Libro I, cap. 12).

 

Autore Giovanni della Croce s.

VIA ILLUMINATIVA, PROFICIENTI – Quando la casa della sensualità è ormai acquietata, cioè mortificata, le sue passioni sedate, gli appetiti sopiti e addormentati, per mezzo della beata notte della purificazione dei sensi, allora l’anima è uscita. In realtà, essa comincia a percorrere la via dello spirito, che è quella dei proficienti o di coloro che sono già avanzati. Tale cammino si chiama anche via illuminativa o della contemplazione infusa. È qui dove Dio nutre l’anima di se stesso e la ristora, senza che essa vi contribuisca con i suoi ragionamenti o collaborazione alcuna. Questa è, come ho detto, la notte o purificazione dei sensi, una notte che non è attraversata da un gran numero di persone. Infatti sono pochi quelli che ordinariamente l’attraversano, per poi entrare nell’altra notte più terribile dello spirito fino a raggiungere l’unione d’amore con Dio. Di solito è accompagnata da terribili tribolazioni e tentazioni nei sensi. Di solito è accompagnata da terribili tribolazioni e tentazioni nei sensi. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura,Libro I, cap. 14)

 

Autore Giovanni della Croce s.

DIFFERENZA TRA  NOTTE DEI SENSI E NOTTE DELLO SPIRITO – La differenza che intercorre tra le due purificazioni è simile a quella che esiste tra l’estirpare la radice di una pianta e il tagliarne un ramo; ovvero: togliere una macchia fresca oppure una secca e incrostata. Come ho detto, la purificazione dei sensi non è che la porta e il principio della contemplazione che conduce alla purificazione dello spirito. Ho pure detto che il suo scopo è più quello di adattare i sensi allo spirito che di unire lo spirito a Dio. Ma le macchie dell’uomo vecchio rimangono ancora nello spirito, anche se non se ne accorge e non le vede; se tali macchie non vengono tolte con il sapone e la lisciva forte della purificazione di questa notte, lo spirito non potrà pervenire alla purezza dell’unione divina. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura, Libro II, cap 1).

 

Autore Giovanni della Croce s.

DURATA DELLA NOTTE DEL SENSO – Non si può dire con esattezza quanto tempo l’anima trascorra in questo digiuno e penitenza dei sensi, perché non tutti subiscono le stesse tentazioni né alla stessa maniera. Ciò dipende dalla volontà di Dio. Questi, in base alle maggiore o minore imperfezione che dev’essere purificata in ciascun’anima, come pure in base al grado d’amore unitivo al quale intende elevarla, la umilierà più o meno intensamente o più o meno a lungo. Nondimeno, la purificazione di coloro che sono più forti e più capaci di sopportare la sofferenza è più intensa e più rapida. Al contrario, i più deboli sono molto meno provati e tentati, ma restano più a lungo in questa notte. Di solito il Signore concede loro qualche consolazione sensibile, perché non tornino indietro. In questo modo essi arrivano tardi alla purezza perfetta in questa vita, anzi alcuni non vi arrivano affatto, perché non sono completamente immersi in questa notte né sono fuori di essa. Sebbene non procedano oltre, tuttavia, perché si mantengano nell’umiltà e nella conoscenza di sé, Dio li esercita per qualche tempo o per qualche giorno in quelle tentazioni e aridità; di tanto in tanto li sostiene con alcune consolazioni, perché non perdano coraggio e non tornino a cercare i piaceri del mondo. Con altre anime ancora più deboli Dio si comporta ora mostrandosi e ora nascondendosi per esercitarle nel suo amore, perché senza tali assenze non imparerebbero mai ad avvicinarsi a lui. Quanto alle anime che devono arrivare al beato e sublime stato dell’unione d’amore, per quanto presto Dio ve le conduca, di solito restano molto a lungo nelle aridità e nelle prove, come dimostra l’esperienza. (GIOVANNI DELLA CROCE S., Notte oscura, Libro I, cap. 14).

 

Autore Giovanni della Croce s.

INIZIO DELLA NOTTE DELLO SPIRITO – Quando Dio vuol far progredire un’anima, non la pone nella notte dello spirito appena è uscita dalle aridità e dalle prove della prima purificazione o notte dei sensi. Di solito passa molto tempo, a volte anni, prima che l’anima, superato lo stato dei principianti, si eserciti in quello dei proficienti. Simile a colui che è uscito da un angusto carcere, l’anima avanza nelle cose di Dio con molta maggiore facilità e soddisfazione, insieme a una gioia più abbondante e intima, di quanto non avesse fatto agli inizi, prima di entrare nella notte dei sensi. Ormai la sua immaginazione e le sue facoltà non sono più condizionate, come prima, dal ragionamento e dalle preoccupazioni spirituali, perché con grande facilità trova subito in sé una contemplazione molto serena e piena d’amore, come pure un piacere spirituale senza alcun bisogno di ragionare. Tuttavia la purificazione dell’anima non è ancora compiuta, perché le manca la fase principale, che è quella dello spirito. Se questa non si verifica – tra l’una e l’altra c’è relazione di continuità, dato che avvengono nello stesso soggetto -, anche la purificazione dei sensi, per quanto profonda sia stata, risulta incompiuta e imperfetta. Così l’anima non mancherà, di tanto in tanto, di passare attraverso abbandoni, aridità, tenebre e angosce, a volte anche più intense che in passato. Sono come presagi e messaggeri della futura notte dello spirito. Non durano però quanto la notte che si aspetta, ragion per cui, trascorso un periodo o alcuni giorni di questa notte tempestosa, l’anima ritorna alla sua abituale serenità. In questo modo Dio purifica alcune anime che non devono arrivare all’alto grado d’amore come le altre; a volte, e a intervalli, le fa passare per questa notte di contemplazione e purificazione spirituale; spesso le fa passare dalle tenebre della notte alla luce del giorno. È in questo modo che si avvera quanto afferma Davide, che cioè Dio getta la sua grandine, ossia la sua contemplazione, come briciole (Sal 147,17), sebbene questi chicchi di oscura contemplazione non siano mai penetranti come quelli dell’orrenda notte della contemplazione – di cui sto per parlare – nella quale Dio introduce di proposito l’anima per elevarla all’unione con sé. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura,Libro I, cap. 1).

 

Autore Giovanni della Croce s.

SINERGIA TRA NOTTE DEL SENSO E NOTTE DELLO SPIRITO –  Le persone spirituali hanno fatto dei progressi, dunque, durante il tempo trascorso a nutrire i loro sensi di dolci comunicazioni. Così la parte sensitiva, attratta e invogliata dalle delizie della parte spirituale, si adegua e si unisce ad essa. L’una e l’altra si cibano, ognuna a suo modo, dello stesso alimento spirituale; lo prendono dalla stessa fonte e lo offrono a un solo e unico soggetto. Congiunti in qualche maniera, il senso e lo spirito sono insieme pronti a soffrire la dura e penosa purificazione dello spirito che li attende. È qui dove le due parti dell’anima, la spirituale e la sensitiva, devono essere purificate completamente, perché la purificazione dell’una non avviene mai senza che anche l’altra venga purificata, e quella del senso non è efficace se non è veramente cominciata quella dello spirito. Questo è il motivo per cui quella che si è chiamata notte dei sensi si può e si deve chiamare riforma e imbrigliamento degli appetiti piuttosto che purificazione. Questo perché tutte le imperfezioni e i disordini della parte sensitiva hanno la loro forza e la loro radice nello spirito, dove si formano tutte le abitudini buone e cattive; quindi, finché queste non vengono purificate, non potranno mai essere purificate completamente nemmeno le ribellioni e i vizi dei sensi. Nella notte, di cui sto per parlare, la parte sensitiva e quella spirituale vengono purificate allo stesso tempo. Per questo motivo è stato conveniente che il senso passasse attraverso la riforma della prima notte, al fine di ricuperare la quiete che da essa deriva. Una volta unito allo spirito, si purificano in qualche modo insieme e sopportano con più forza le sofferenze. Per sostenere una purificazione così dolorosa e aspra, occorre una disposizione tale che, se la debolezza della parte inferiore non fosse stata prima riformata e non avesse acquistato forza in Dio, nel dolce e piacevole rapporto con lui, non avrebbe mai avuto la forza e la capacità di affrontare una sì grande sofferenza. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura, Libro II, cap.3)

 

Autore Teresa di Lisieux s.

Ero in un triste deserto o, per meglio dire, la mia anima somigliava al fragile scafo abbandonato senza pilota in balìa dei flutti tempestosi[…] Lo so, Gesù era con me, dormiva sulla mia barca, ma la notte era così buia che mi riusciva impossibile vederlo: nulla mi illuminava, nemmeno un lampo che venisse a solcare le cupe nubi. Certo, quello dei lampi è un ben triste chiarore, ma almeno, se il temporale fosse scoppiato apertamente, avrei potuto scorgere Gesù per un istante. […] Era la notte, la notte profonda dell’anima. […] Come Gesù nel giardino della sua agonia, mi sentivo sola e non trovavo consolazione né in terra né in Cielo: il Buon Dio sembrava avermi abbandonata. (TERESA DI LISIEUX, Storia di un’anima, Ancora, Milano 1993, p.155).

 

Autore Merton Thomas

VANTAGGI DELLA NOTTE DELLO SPIRITO – Accontentati di rimanere nella solitudine e nell’isolamento, nell’aridità e nell’angoscia, aspettando Dio nell’oscurità. La tua inarticolata nostalgia di lui nella notte della sofferenza sarà la tua preghiera più eloquente. Sarà più preziosa per te e per la Chiesa e darà più gloria a Dio dei più alti voli naturali dell’intelligenza o dell’immaginazione. Sii sicuro, inoltre, che Dio è lì al lavoro per innalzare il tuo intelletto e la tua volontà alla più alta perfezione dell’attività soprannaturale in unione con il suo Spirito Santo. Infondendo la sua sapienza nella tua anima, egli compie il lavoro più alto del suo amore, formando la perfetta somiglianza con Cristo, suo Verbo incarnato, in te e perfezionando la sua Chiesa mediante tutto quello che tu gli permetti di operare mediante l’azione della tua libera volontà trasformata ed elevata in lui. Loda e glorifica Dio, perché hai gustato i primi frutti della sua grazia meravigliosa, e pregalo di continuare il suo grande lavoro nella tua anima. Sottraiti a ogni affanno; non credere in te stesso ma credi in lui; non essere ansioso o preoccupato di fare grandi cose per lui finché non ti guida lui stesso, mediante l’obbedienza e l’amore e gli eventi che la sua Provvidenza dirige, a intraprendere le opere che egli ha pensato per te e con le quali egli si servirà di te per comunicare il fuoco del suo amore ad altri uomini. (MERTON THOMAS, L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 172).

 

Autore Merton Thomas

NOTTI DELL’ANIMA – Ci sono due livelli di purificazione. C’è la purificazione dei sensi esteriori e interiori, che è una sorta di preliminare alla vita mistica in pienezza. Essa è chiamata «notte oscura dei sensi» ed è la soglia ordinaria attraverso la quale entriamo nella contemplazione mistica. C’è poi una notte più profonda e terribile, la «notte oscura dello spirito», in cui si passa alla perfetta unione con Dio.

Nella notte oscura dei sensi, l’io esteriore è purificato e in gran parte, anche se non del tutto, distrutto. Ma nella notte oscura dello spirito anche l’uomo interiore è purificato.

Queste due notti sono due morti spirituali. Nella prima, l’uomo esteriore «muore» per risorgere e diventare l’uomo interiore. Nella seconda l’uomo interiore muore e risorge unito a Dio in modo così completo che i due sono una cosa sola e non rimane divisione tra di essi ad eccezione della distinzione metafisica delle nature. È, quindi, come se l’anima stessa fosse Dio e Dio fosse l’anima, o, ancor più, come se l’anima fosse completamente perduta in Dio «come una goccia d’acqua in un bottiglione di vino del più puro». (MERTON T., L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo srl, Cinisello Balsamo 2005, p. 160).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

NOTTE OSCURA – Nell’aridità e nel vuoto l’anima diventa anche umile. L’orgoglio di un tempo scompare quando in se stessa non trova più nulla che offra il destro a guardare gli altri dall’alto in basso; piuttosto appaiono ora più perfetti, nel cuore cresce amore e stima per loro. Ora si è anche troppo impegnati con la propria miseria per giudicare gli altri. Attraverso la propria impotenza l’anima diviene anche sottomessa e ubbidiente; anela l’ammaestramento per poter procedere sul retto cammino. L’avarizia spirituale sperimenta una guarigione radicale: se non si prova più gusto in nessun servizio, si diventa più regolari e si opera per amore di Dio, senza cercare alcuna soddisfazione. Così avviene con tutte le imperfezioni. Con loro scompaiono anche tutti i disordini e le inquietudini. Al loro posto subentra una profonda pace e una costante memoria di Dio. DispiacerGli  è l’unica preoccupazione che allora rimane. La notte oscura diviene scuola per tutte le virtù: esercita nella rassegnazione e nella pazienza, se si è fedeli nella vita spirituale, senza cercare consolazioni e ristoro. L’anima giunge ad un alto amore di Dio, in cui opera solo per amore di Dio. La perseveranza in ogni contraddizione le infonde forza e coraggio. La purificazione completa di ogni inclinazione sensibile  e di ogni piacere conduce alla libertà dello spirito, in cui maturano i dodici frutti dello spirito. Essa concede protezione contro i tre nemici:diavolo, mondo e carne, che non possono concludere nulla contro lo spirito: l’anima è uscita “senza essere notata” da loro. Ed ora, che le passioni sono state ridotte alla quiete, e la sensibilità addormentata con l’aridità, la casa è “ormai immersa nella calma”. L’anima è scivolata via e ha raggiunto il cammino dello spirito, il cammino dei proficienti o illuminativo, su cui Dio stesso, senza alcuna sua attività, la vuole  istruire. Si trova ora in uno stadio di passaggio. La contemplazione le offre le sue pure gioie spirituali, cui hanno parte anche i sensi purificati. (STEIN E., Scientia Crucis, Edizioni O.C.D. 2008, pp. 60-61).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

NOTTE OSCURA – Egli (S. Giovanni della Croce) scrive quindi per anime contemplative e, ad un preciso punto del cammino, vuole prenderle per mano: al bivio, dove la maggioranza rimane ferma, perplessa e non sa procedere.  Sul cammino su cui hanno proceduto fino ad ora, si presentano loro ostacoli insormontabili. Il nuovo cammino però che si apre dinanzi, conduce attraverso un’oscurità impenetrabile; chi ha il coraggio di addentrarvisi? Il bivio di cui si tratta, è quello della meditazione e della contemplazione. Fino a qui forse, secondo il metodo ignaziano, nelle ore di meditazione si sono esercitate le potenze dell’anima, i sensi, l’immaginazione, la memoria, l’intelletto, la volontà. Ora però queste negano il loro servizio. Ogni fatica è nulla. Gli esercizi spirituali invece di fonte di pace interiore, diventano sofferenza, tormento insostenibile ed infruttuoso. Non si avverte però neppure alcuna inclinazione ad occuparsi  delle cose del mondo. L’anima più di tutto vorrebbe sostare completamente tranquilla, senza muoversi, lasciando tutte le potenze quiete. Le sembra tuttavia un percorso ozioso ed uno spreco di tempo. Così, all’incirca, avviene  nell’anima quando Dio la vuole condurre nella notte oscura. Secondo l’uso linguistico cristiano abituale, una simile situazione verrebbe detta “una croce”. (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008, p. 38).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

NOTTE OSCURA – Nessun cuore umano è mai penetrato in una notte così oscura come il Dio-Uomo nel Getsemani e sul Golgota. Nessuno spirito umano in ricerca può m’ai penetrare nell’insondabile mistero del Dio Uomo morente, abbandonato da Dio. Gesù però può fare provare alle anime elette qualche cosa di questa estrema amarezza. Sono i suoi amici fedelissimi,ai quali chiede l’ultima prova del loro amore. Se essi non indietreggiano, ma si lasciano trascinare avanti volentieri, allora quest’amore diventerà per loro guida. […].

L’anima proprio attraverso l’esperienza della propria nullità e della propria impotenza, giunge alla notte oscura, alla vera autoconoscenza e all’illuminazione dell’incommensurabile grandezza e santità di Dio; [..] se vuole avere parte alla Sua vita, deve passare con Lui attraverso la morte di Croce: come Lui crocifiggere la propria natura con una vita di mortificazione, di autorinnegamento ed abbandonarsi alla crocifissione nella sofferenza e nella morte, come Dio disporrà o consentirà. Quanto più perfetta sarà questa crocifissione, attiva e passiva, tanto più profonda sarà l’unione con il Crocifisso e tanto più ricca la partecipazione alla vita divina. (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008, pp. 31-32; 34).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

Le anime non comprendono che cosa stia accadendo in loro e, raramente, trovano qualcuno che possa aprire loro gli occhi.[…]. Sul cammino su cui hanno proceduto fino ad ora, si presentano loro ostacoli insormontabili. Il nuovo cammino però che si apre dinanzi, conduce attraverso un’oscurità impenetrabile; chi ha il coraggio di addentrarvisi? Il bivio di cui si tratta, è quello della meditazione e della contemplazione. Fino a qui […] nelle ore di meditazione si sono esercitate le potenze dell’anima, i sensi, l’immaginazione, la memoria, l’intelletto, la volontà. Ora però queste negano il loro servizio. Ogni fatica è nulla. Gli esercizi spirituali invece di fonte di pace interiore,divengono sofferenza, tormento insostenibile ed infruttuoso.

Non si avverte però neppure alcuna inclinazione ad occuparsi delle cose del mondo L’anima più di tutto vorrebbe stare tranquilla, senza muoversi, lasciando tutte le potenze quiete. Le sembra tuttavia un percorso ozioso ed uno spreco di tempo. Così, all’incirca, avviene nell’anima quando Dio la vuole condurre nella notte oscura. Secondo un linguaggio cristiano abituale, una simile situazione verrebbe detta «una croce». 35). Le anime non comprendono che cosa stia accadendo in loro e, raramente, trovano qualcuno che possa aprire loro gli occhi.[…].

Sul cammino su cui hanno proceduto fino ad ora, si presentano loro ostacoli insormontabili. Il nuovo cammino però che si apre dinanzi, conduce attraverso un’oscurità impenetrabile; chi ha il coraggio di addentrarvisi? Il bivio di cui si tratta, è quello della meditazione e della contemplazione. Fino a qui […] nelle ore di meditazione si sono esercitate le potenze dell’anima, i sensi, l’immaginazione, la memoria, l’intelletto, la volontà. Ora però queste negano il loro servizio. Ogni fatica è nulla. Gli esercizi spirituali invece di fonte di pace interiore,divengono sofferenza, tormento insostenibile ed infruttuoso.

Non si avverte però neppure alcuna inclinazione ad occuparsi delle cose del mondo L’anima più di tutto vorrebbe stare tranquilla, senza muoversi, lasciando tutte le potenze quiete. Le sembra tuttavia un percorso ozioso ed uno spreco di tempo. Così, all’incirca, avviene nell’anima quando Dio la vuole condurre nella notte oscura. Secondo un linguaggio cristiano abituale, una simile situazione verrebbe detta «una croce». (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008, pp. 37-39).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

NOTTE MISTICA – La notte mistica non deve essere intesa cosmicamente. Non ci piomba addosso dall’esterno, ma origina dall’interno dell’anima ed interessa solo l’anima in cui emerge. Gli effetti però che essa scatena interiormente sono paragonabili a quelli della notte cosmica: provoca un soffocamento del mondo esterno, anche se esternamente si distende nella più chiara luce del giorno. Getta l’anima nella solitudine, nell’isolamento e nel vuoto, blocca l’attività delle sue potenze, la angoscia con timori paurosi che nasconde in sé. Però, anche qui esiste una luce notturna che schiude un nuovo mondo interiore, ed insieme,illumina il mondo esterno dall’interno, così che le viene reso completamente mutato. […]. La notte però, cosmica e mistica, è qualche cosa senza struttura ed inafferrabile, qualcosa che solo accenna alla pienezza del senso, ma non si lascia esaurire. Vi è rinchiusa un’intera concezione del mondo e dell’esistenza. Proprio in questo consiste il loro comune aspetto: nel fatto e nella peculiarità della concezione del mondo e nella considerazione dell’esistenza. Un inafferrabile qui e un inafferrabile là, eppure così chiaro che l’uno può sostituire l’altro ed essere usato come accesso all’altro, non in un’opzione arbitraria e in una comparazione pianificata, ma nell’esperienza simbolica, che si scontra con un proto-insieme e perciò trova una necessaria esperienza immaginifica per l’indicibile concettuale. […]. Come però la notte cosmica non è ugualmente oscura per tutta la sua durata, così anche la notte mistica ha segmenti di tempo e corrispettive gradazioni. Il progressivo affondare del mondo dei sensi è come l’irrompere della notte, quando ancora rimane un crepuscolo della luminosità del giorno. La fede invece è l’oscurità della mezzanotte, perché ora non solo è eliminata ogni attività dei sensi, ma lo è anche la conoscenza intellettiva naturale. Quando però l’anima trova Dio, allora nella sua notte già spunta il crepuscolo dell’alba del nuovo giorno dell’eternità. (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008,  pp. 43-45; 51).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

NOTTE DEL SENSO – All’inizio (della notte) l’infiammazione di amore abitualmente non verrà neppure percepita. L’anima sente piuttosto solo aridità e vuoto, dolorosa angoscia e preoccupazione. E ,se sperimenta qualche cosa, allora è una sollecitazione dolorosa e nostalgica verso Dio, una dolorosa ferita d’amore. Solo più tardi ella riconoscerà che Dio, con la notte dei sensi, volle purificarla e sottomettere i sensi allo spirito. Allora griderà Oh felice sorte! E le diverrà chiaro quale guadagno per lei significò l’«Uscii senza essere notata»: è stata liberata dalla servitù in cui i sensi la mantenevano, ha liberato sempre più la sua inclinazione da tutte le creature e l’ha rivolta verso i beni eterni. La notte del senso fu per lei la porta stretta che la condusse alla vita. Ora deve procedere sullo stretto cammino nella notte dello spirito. Veramente così avanti giungono solo pochi, ma già i vantaggi della prima notte sono straordinariamente grandi: l’anima ha acquistato la conoscenza di sé; giunge a giudicare la sua stessa miseria, non trova più nessun bene in sé ed impara quindi ad andare incontro a Dio con più grande timore. Sì, ora intravede la grandezza e la sublimità di Dio. Proprio la libertà da tutti gli appoggi sensibili le ha permesso di accogliere l’illuminazione e di divenire ricettiva alla verità. (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008,  pp. 59-60).

 

Autore Giovanni della Croce s.

NOTTE OSCURA DEL SENSO Possiamo chiamare notte questo passaggio dell’anima verso l’unione con Dio per tre motivi. Il primo è desunto dal punto di partenza dell’anima, perché essa deve privarsi del godimento di tutte le cose temporali che possedeva, rinunciando ad esse. Tale rinuncia o privazione costituisce una vera e propria notte per tutte le passioni e i sensi dell’uomo. Il secondo è dato dal mezzo che s’impiega o dal cammino attraverso cui l’anima deve passare per giungere all’unione divina, cioè la fede, che è oscura all’intelligenza come la notte. Il terzo deriva dalla meta verso cui si tende, cioè Dio, che è certamente notte oscura per l’anima in questa vita. Queste tre notti devono passare attraverso l’anima o, per meglio dire, l’anima deve attraversare queste notti per attingere l’unione con Dio. Nel libro di Tobia (6,18-22 Volg.) questi tre generi di notti sono stati raffigurati dalle tre notti che, su richiesta dell’angelo, il giovane Tobia dovette attraversare prima di unirsi con la sua sposa. Nella prima gli fu chiesto di bruciare il cuore del pesce nel fuoco, che è il simbolo del cuore affezionato e attaccato alle cose del mondo. Allo stesso modo, se si vuole cominciare ad andare verso Dio, occorre che il cuore sia consumato dall’amore divino e purificato da tutto ciò che è creatura. Mediante tale purificazione si mette in fuga il demonio, che ha potere sull’anima per via dell’attaccamento alle cose corporali e terrene. 3. L’angelo disse a Tobia che nella seconda notte sarebbe stato accolto nella compagnia dei santi patriarchi, che sono i padri della fede. Ciò vuol dire che l’anima passando attraverso la prima notte, cioè privandosi di tutti gli oggetti che stimolano i sensi, entra subito nella seconda notte, ove rimane nella solitudine della fede. Questa notte non cade sotto il dominio dei sensi, né esclude la carità, ma le altre conoscenze dell’intelletto (come dirò più avanti). 4. L’angelo disse a Tobia che la terza notte gli avrebbe ottenuto la benedizione, che significa Dio stesso. Questi, con il favore della seconda notte, rappresentata dalla fede, comincia a comunicarsi all’anima così segretamente e intimamente da generare in essa un’altra notte, perché tale comunicazione è molto più oscura delle altre, come dirò presto. Trascorsa questa terza notte, cioè realizzata la comunicazione di Dio allo spirito, che di solito avviene quando l’anima è immersa in tenebre profonde, segue immediatamente l’unione con lo Sposo, cioè con la Sapienza di Dio. Difatti anche l’angelo aveva detto a Tobia che, trascorsa la terza notte, si sarebbe unito con la sua sposa nel timore del Signore. Ciò vuol dire che, se il timore è perfetto, anche l’amore di Dio è perfetto. A questo punto si verifica la trasformazione dell’anima in Dio attraverso l’amore. 5. In definitiva, le tre fasi della notte formano una sola notte, come le tre parti della notte naturale. La prima, quella dei sensi, corrisponde al calar delle tenebre, quando non si ha più la percezione delle cose circostanti; la seconda, quella della fede, può essere paragonata alla mezzanotte, quando l’oscurità è profonda; la terza, che è Dio, corrisponde all’alba che precede la luce del giorno. Per meglio comprendere questa dottrina, parlerò separatamente di ciascuna di queste notti. (GIOVANNI DELLA CROCE Salita del Monte Carmelo, I. 1).

Autore M. de Saint Mamert-Beaussieu

ORAZIONE NELLA NOTTE – Mi chiedono di dire un mio pensiero che riguardi la povera anima che una volta aveva molta facilità nelle sue orazioni e nei suoi colloqui con Dio, che meditava con tale facilità, che ne era in quei momenti sensibilmente toccata, […] e che si è trovata, poi, privata di tutto ciò e di tutti gli altri favori che un’anima consacrata a Dio ha consuetudine di ricevere in questa vita. Aggiungete a tutto questo, tutte le pene, i turbamenti, le amarezze, i disgusti, le sterilità, tutti i tormenti e ogni sorta di assalto al corpo e allo spirito e tutti i purgatori per i quali Dio fa passare un’anima in questa vita, che sono così duri da sopportare e che, in altri tempi, l’avrebbero fatto morire in ogni momento se la mano dello Sposo non l’avesse supportata e sostenuta in tutti questi attacchi. […].

Eppure, quest’anima non lascia gli esercizi quanto all’esteriore, benché sia convinta che lei è là come un ceppo e come un pezzo di legno che non serve a niente. Sebbene non senta affatto in se stessa avversione al peccato, quando se ne presenta l’occasione non lo commette; e anche se Dio la lascia, qualche volta, per tanti anni in questi stati così spiacevoli e così pietosi, lei non fa alcunché, non dice parola, non si lamenta affatto, non domanda di esserne liberata. Diciamo di più: non le viene il pensiero di chiedere di esserne liberata, rimanendo immobile come se fosse insensibile, come una povera stupida, inebetita, come una povera folle. […].

Dico, dunque, che quest’anima non è mai stata così gradevole, che non è stata mai così felice né così intimamente unita alla Sposo, e che non ha mai agito né operato così continuamente – ma impercettibilmente – così nobilmente, né vantaggiosamente come lo fa adesso, sebbene le sembri di aver perso tutto e che non ci sia più niente da sperare per lei. La ragione è che il colloquio dell’anima con Dio all’interno di noi stessi è tanto più nobile e perfetto quanto più è libero dalle cose materiali, dai sensi e dalle potenze, sia inferiori che superiori. […].

Quest’anima non ha mai agito né operato con il suo Dio all’interno di se stessa così liberamente, così perfettamente, così continuamente e così interiormente come fa adesso; […] ella agisce senza sosta e senza saperlo, perché ha sempre accondisceso e acconsentito; si è sempre sottomessa e interamente abbandonata di buon grado e con buona grazia, volontariamente e liberamente, all’operazione divina, che l’ha talmente vinta e penetrata, che essa è ora fuori di se stessa, tutta perduta e assorbita in questo oceano della divinità, che opera tutto in lei senza farglielo conoscere e senza che lei possa saperlo. Ciò tuttavia avviene senza distruggere in lei, con la sua operazione spirituale così sublime, così eccellente e tutta divina, la libertà che lei ha ricevuto alla sua creazione, indebolita, in verità, dal peccato, ma abbondantemente riparata da Gesù Cristo. (M. DE SAINT MAMERT-BEAUSSIEU,, Il fascio di mirra della sposa del Cantico, in Semi di contemplazione 262, p. 1).

 

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Novembre, 2024