Autore Shardon Louis
Gesù si dà nell’Eucaristia ma egli vuole essere desiderato. Egli invita, ma vuole essere ricercato. Egli provoca, ma vuole che ci si preoccupi di trovarlo e che lo spirito, che lo ha trovato, lo abbracci, lo stringa e lo baci, mentre lui, da parte sua, apre il suo seno e presenta la sua bocca a coloro che vorranno perdersi in quello e incollarsi dolcemente a questa: «Chiunque – egli dice – mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me ed io in lui». Egli parla di una dimora più che corporale che si fa attraverso l’amore, della quale Giuda non è stato partecipe, né nella comunione, né nel bacio che gli ha dato. Il tocco e la dimora spirituale sono il fine della ricezione corporale. Molti avvicinano Gesù tra la folla; a suo giudizio, c’era soltanto colei che gli aveva sfiorato il lembo del suo mantello con la mano, che l’aveva toccato «Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui».
È dunque per l’amore santo che Dio s’insinua nei nostri spiriti, e che vi pone la sua residenza. È per l’amore reciproco che noi prendiamo possesso di lui, e che la nostra dimora è nel suo seno, con una ben compiuta imitazione della mutua dimora, dell’in-esistenza o circumincessione – per parlare in termini di teologia – delle Persone divine, dove l’una è il trono augusto delle altre, e ciascuna dimora o in quella che produce, o in quella che la produce. […].
L’anima, in questo stato, si sente talmente riscaldata e infiammata dalla fiamma viva dell’amore di Dio, si sente così profondamente ferita dalle sue frecce, così potentemente toccata dalle sue attrazioni, così perfettamente rapita dai suoi tocchi, così ben circondata dalla sua dolcezza, e così fortemente, legata dalla sua stretta che non fa che respirare e sospirare vicino a lui. Ella non è più per se stessa, né in se stessa, no; ella è tutta dove ama. Non saprebbe vivere che per l’amore e nell’amore di colui che, essendo amore per sé, si è fatto tutto amore per lei. Questo fa sì che restando perduta completamente in questo amore, ella non potrebbe più pensare che nessun santo sia perfetto, nessun angelo felice, né che possa vedere qualcosa di grande o di buono in qualche creatura, se ciò non fosse in quanto essi dimorano nell’amore e, parimenti, questi dimora nella creatura. Ella perde coscienza di ogni amore per partecipazione, per somiglianza e per imitazione. Non potrebbe immaginarsi che qualcuno possa dire, di essere contento in sé. Ella sente senza sentire, intende senza intendere, in una maniera inconcepibile, in cui tutta la contentezza consiste nello spogliarsi di ogni contentezza, come l’innamorato Ignazio di Antiochia diceva, per dimorare immerso nel mare immenso dell’amore di Gesù, per bruciare e consumarsi in questa fornace ardente di amore acceso nel suo seno. Tutto ciò avviene nell’interiorità dell’anima, con una gioia così eccessiva e profonda, che le sembra di essere già arrivata alla fine dei suoi desideri, dove si assapora senza gusto, si sente senza sentire nelle deliziose e affascinanti fiamme del puro amore, nel suo luogo naturale e nella sua sorgente primitiva. (Louis Chardon, La Croce di Gesù, II, cap. VIII).