Bernardo di Chiaravalle s. (1090 – 1153) – Sermoni per l’Avvento

SERMONE I

Sei circostanze dell’Avvento

1. Oggi, fratelli, celebriamo l’inizio dell’Avvento. Questo nome, come quello delle altre solennità, è abbastanza celebre e noto al mondo, ma il suo significato non è forse altrettanto conosciuto. Infatti, i poveri figli di Adamo, trascurando di studiare le cose importanti e salutari, cercano piuttosto le cose caduche e transitorie. A chi paragoneremo gli uomini di questa generazione (Mc 4, 30; Lc 7, 31) che vediamo incapaci di staccarsi e separarsi dalle consolazioni terrene e caduche? Sono certamente simili a quei naufraghi che, in procinto di venir sommersi dalle acque, si aggrappano a qualsiasi cosa, la prima che capiti loro tra mano, e la tengono fortemente stretta, anche se si tratta di cose che in nessun modo possono portare aiuto (Is 30, 5), come radici di erbe e cose simili. E se qualcuno viene in loro aiuto, capita talvolta che lo trascinano con sé, sicché non può più aiutare né loro, né se stesso. Così periscono in questo mare grande e spazioso (Sal 104 (103), 25), così periscono i miseri, mentre, seguendo le cose periture, perdono quelle solide, attaccandosi alle quali potrebbero riemergere e salvare la loro vita (Gc 1, 21). Non infatti della vanità, ma della verità è detto: La conoscerete ed essa vi farà liberi (Gv 8, 32). Voi dunque, fratelli, ai quali, in quanto piccoli, Dio rivela quelle cose che tiene nascoste ai sapienti e prudenti (Mt 11, 25), occupatevi di quelle cose che sono veramente salutari, facendone oggetto dei vostri assidui pensieri. Riflettete con cura al significato di questo avvento, investigando chi sia colui che viene, donde venga, dove vada, che cosa venga a fare, quando e per quale via egli venga. Certamente è questa una curiosità degna di lode e salutare: infatti la Chiesa universale non celebrerebbe questo Avvento con tanta devozione, se non si nascondesse in esso un qualche grande sacramento (Ef 5, 32).

2. Innanzitutto pertanto, insieme con l’Apostolo, pieno di stupore e di ammirazione (At 2, 12), considerate anche voi la grandezza di costui che viene: egli è infatti, secondo la testimonianza di Gabriele, il Figlio del Dio Altissimo (Lc 1, 32), e conseguentemente Altissimo anche lui. Non possiamo infatti pensare ad un Figlio di Dio degenere, ma dobbiamo confessarlo di uguale altezza e della medesima dignità. Chi non sa infatti che i figli di principe sono anch’essi principi, e i figli di re sono re anch’essi? Ma perché mai delle tre Persone che crediamo e confessiamo e adoriamo nell’eccelsa Trinità, non il Padre, non lo Spirito Santo, ma il Figlio è venuto? Io penso che questo sia stato fatto non senza una ragione. Ma chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore. O chi mai è stato suo consigliere (Rm 11, 34)? E certamente non fu senza il consiglio della Trinità che venisse il Figlio; e se consideriamo la causa del nostro esilio, forse possiamo capire, almeno un poco, come fosse conveniente che fosse soprattutto il Figlio a liberarci. Lucifero infatti, che si levava al mattino (Is 14, 12), per il fatto di aver tentato di usurpare la somiglianza dell’Altissimo, e di essersi attribuito ingiustamente di essere uguale a Dio (Fil 2, 6), il che è prerogativa del Figlio, venne punito all’istante e precipitato nell’inferno (Is 14, 12), perché il Padre vendicò l’onore del Figlio, e fu come dicesse: A me la vendetta, io darò il dovuto castigo (Rm 12, 19). E subito avresti potuto vedere Satana che come fulmine cadeva dal cielo (Lc 10, 18). Come osi insuperbirti tu, terra e cenere (Sir 10, 9)? Se Dio non ha perdonato agli angeli insuperbiti (Rm 11, 21), quanto più userà lo stesso rigore a tuo riguardo, putredine e verme (Sir 19, 3) che sei. Lucifero non ha fatto nulla, nessuna azione esterna: ha solo avuto un pensiero di superbia e in un istante, in un batter d’occhio (1 Cor 15, 52) fu irreparabilmente precipitato, perché, secondo il Profeta, egli non stette nella verità (Gv 8, 44)…

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Luglio, 2024