Autore Anastasio sinaita
Il mistero della sua Trasfigurazione Gesù lo manifestò ai suoi discepoli sul monte Tabor. Egli aveva parlato loro del regno di Dio e della sua seconda venuta nella gloria. Ma ciò forse non aveva avuto per loro una sufficiente forza di persuasione. E allora il Signore, per rendere la loro fede ferma e profonda e perché, attraverso i fatti presenti, arrivassero alla certezza degli eventi futuri, volle mostrare il fulgore della sua divinità e così offrire loro un’immagine prefigurativa del regno dei cieli. E proprio perché la distanza di quelle realtà a venire non fosse motivo di una fede più languida, li preavvertì dicendo: Vi sono alcuni fra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nella gloria del Padre suo (cfr. Mt 16, 28). L’evangelista, per parte sua, allo scopo di provare che Cristo poteva tutto ciò che voleva, aggiunse: «Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E là fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui». Ecco le realtà meravigliose della solennità presente, ecco il mistero di salvezza che trova compimento per noi oggi sul monte, ecco ciò che ora ci riunisce: la morte e insieme la gloria del Cristo. Per penetrare il contenuto intimo di questi ineffabili e sacri misteri insieme condiscepoli scelti e illuminati da Cristo, ascoltiamo Dio che con la sua misteriosa voce ci chiama a sé insistentemente dall’alto. Portiamoci là sollecitamente. Anzi, oserei dire, andiamoci come Gesù, che ora dal cielo si fa nostra guida e battistrada. Con lui saremo circondati di quella luce che solo l’occhio della fede può vedere. La nostra fisionomia spirituale si trasformerà e si modellerà sulla sua. Come lui entreremo in una condizione stabile di trasfigurazione, perché saremo partecipi della divina natura e verremo preparati alla vita beata. Corriamo fiduciosi e lieti là dove ci chiama, entriamo nella nube, diventiamo come Mosè ed Elia come Giacomo e Giovanni. Come Pietro lasciamoci prendere totalmente dalla visione della gloria divina. Lasciamoci trasfigurare da questa gloriosa trasfigurazione, condurre via dalla terra e trasportare fuori del mondo. Abbandoniamo la carne, abbandoniamo il mondo creato e rivolgiamoci al Creatore, al quale Pietro in estasi e fuori di sé disse: «Signore, è bello per noi restare qui» Realmente, o Pietro, è davvero «bello stare qui» con Gesù e qui rimanervi per tutti i secoli. Che cosa vi è di più felice, di più prezioso, di più santo che stare con Dio, conformarsi a lui, trovarsi nella sua luce? Certo ciascuno di noi sente di avere con sé Dio e di essere trasfigurato nella sua immagine. Allora esclami pure con gioia: «È bello per noi restare qui», dove tutte le cose sono splendore, gioia, beatitudine e giubilo. Restare qui dove l’anima rimane immersa nella pace, nella serenità e nelle delizie; qui dove Cristo mostra il suo volto, qui dove egli abita col Padre. Ecco che egli entra nel luogo dove ci troviamo e dice: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa». Qui si trovano ammassati tutti i tesori eterni. Qui si vedono raffigurate come in uno specchio le immagini delle primizie e della realtà dei secoli futuri. (ANASTASIO SINAITA, Omelia per la festa della Trasfigurazione, in Mélanges d’archéologie et d’histoire, Nn. 6-10; 67 [1955] 241-244).
Autore Pietro il Venerabile
Perché stupirsi del fatto che il volto di Gesù sia divenuto come il sole, giacché era lui stesso il sole? Era il sole, eppure restava dissimulato sotto la nube. Ora, la nube si apre, e lui risplende per un istante. Che cos’è questa nube che si apre? Non è la carne, bensì la debolezza della carne che scompare un momento.
È la nube della quale parla il profeta: «Ecco, il Signore cavalca una nube leggera» (Is 19, 1); nube della carne che copre la divinità, leggera perché non porta nessun peccato; nube che dissimula lo splendore divino, leggera perché assunta nello splendore eterno; nube della quale è detto nel Cantico dei Cantici: «Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo» (Ct 2, 3), leggera perché è la carne dell’Agnello che toglie i peccati del mondo, cosicché il mondo, alleggerito del peso di tutti i suoi peccati, è elevato in alto nei cieli.
Il sole, velato di questa carne non è quello che sorge per i malvagi e per i buoni, bensì «il sole di giustizia» (Ml 3, 20) che sorge soltanto per coloro che temono Dio. Rivestito con questa nube di carne, oggi la luce che illumina ogni uomo risplende. Oggi glorifica questa stessa carne, la presenta deificata agli apostoli affinché gli apostoli la rivelino al mondo. (PIETRO IL VENERABILE, Omelia 1 per la Trasfigurazione, PL 189, 959-960).
Autore Origene
Ti chiederai come fu possibile che Gesù, quando si trasfigurò alla presenza dei discepoli che aveva condotto con sé su di un alto monte, sia apparso loro nella forma divina che possedeva fin da principio, mentre, a quelli che erano rimasti ai piedi del monte si sia mostrato in forma di schiavo. […]. Ma ascolta le mie parole, meditandole nel tuo spirito. Il testo non dice semplicemente «si trasfigurò», ma Matteo e Marco aggiungono entrambi una precisazione necessaria: «si trasfigurò davanti a loro». In base a tale aggiunta, dovrai dire che era veramente possibile che Gesù si trasfigurasse davanti ad alcuni, senza trasfigurarsi, nello stesso tempo, davanti agli altri.
Se vuoi anche tu contemplare la trasfigurazione di Gesù quale essa avvenne davanti ai discepoli che erano saliti con lui, in disparte, sull’alto del monte, considera il Gesù dei vangeli. Egli viene intuito in maniera più semplice e, per così dire, conosciuto secondo la carne, da coloro che non salgono l’alto monte della sapienza mediante le opere e i discorsi elevati. Egli però non viene più conosciuto secondo la carne ma, predicato come Dio in tutti i Vangeli, egli viene come tale riconosciuto nella sua forma divina, da coloro che salgono con lui sulla montagna, secondo la contemplazione interiore che ne hanno […]. Gesù non trasfigura soltanto se stesso davanti a questi discepoli, e non aggiunge alla trasfigurazione della sua persona soltanto lo splendore del suo volto rifulgente come il sole; anche i suoi abiti appaiono risplendenti come la luce. […]. Gli abiti di Gesù sono le sue parole e gli scritti del Vangelo, di cui è come rivestito. lo penso infatti che anche tutto quello che gli apostoli hanno riferito di lui è veste di Gesù, che diventa luminosa per coloro che salgono con lui sulla montagna. […]. Se dunque ti capita d’incontrare qualcuno che non solo espone con sottigliezza la dottrina della divinità di Gesù, ma sa anche farla trasparire da ogni parola del Vangelo, non esitare ad affermare che per lui le vesti di Gesù sono diventate splendenti come la luce. (ORIGENE, Kata Matthaion exegetikon – XII, 37-38: PG 13, 1068-1069).
Autore Leone Magno s.
LA GLORIA DELLA CROCE – Il Signore rivela la sua gloria in presenza di testimoni scelti; diffonde dal suo corpo, per altro simile al nostro, una luce così forte che il suo volto risplende come il sole e la sua veste è bianca come la neve. Con questa trasfigurazione egli voleva innanzitutto cancellare dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce, affinché la vergogna volontariamente subita della sua morte non venisse a turbare la fede di chi aveva visto la grandezza della sua dignità velata.
Ma vi intravedeva anche il fondamento della speranza della Chiesa, in modo tale che le membra del corpo di Cristo comprendano quale trasformazione avverrà un giorno in loro, giacché ognuno è chiamato a condividere un giorno la gloria che ha brillato una volta nel capo […].
“Questi è il mio figlio prediletto […]; ascoltatelo. Ascoltatelo, lui che apre la strada del cielo e, col supplizio della croce, vi prepara i gradini per salire al Regno. Perché temete di essere riscattati? Perché temete d’essere guariti, voi che siete feriti? Sia fatta la mia volontà, come vuole Cristo. Respingete i timori del mondo e armatevi della costanza che ispira la fede. Poiché non conviene aver paura nella Passione del Signore di ciò che, col suo aiuto, non si teme più nella morte[…]”.
In questi tre apostoli è la Chiesa intera che ha conosciuto tutto quanto essi hanno visto coi loro occhi e inteso con le loro orecchie (cfr 1Gv 1,1). La fede di tutti divenga dunque più certa con la predicazione del santo Vangelo e nessuno si vergogni della croce di Cristo, per mezzo della quale il mondo è stato riscattato. (LEONE MAGNO S., Discorso 51, 2-3, 5-8 ; PL 54, 310-313, SC 74 bis).
Autore Raspanti A.
Si dice spesso che Gesù si trasfigurò nel cammino verso il compimento della sua missione affinché i discepoli, vedendo più tardi il Cristo sofferente e crocifisso, non soccombessero alla prova, ma comprendessero che la sua passione era volontaria. Gli apostoli avrebbero dovuto ricordare nel momento cruciale che il loro Maestro non era solo un uomo, illuso e malcapitato, ma anche il Figlio di Dio che compiva le antiche promesse. Il racconto degli evangelisti e l’iconografia abbondante, che tenta di darne una raffigurazione, mostrano Cristo in piedi da cui irradiano in tutte le direzioni fiotti abbaglianti di luce aurea. È l’energia della grazia che permea le rocce, gli alberi, le pietre, gli uomini, il creato. Ciò illustra che l’energia divina penetra tutto il mondo e lo trasfigura, lo conduce oltre le violenze, il peccato, la morte.
Come non ricordare il Cantico delle creature di Francesco, che rivela la luce presente negli occhi del Santo d’Assisi con la quale vede il creato e loda il Creatore. Come lui, già i tre apostoli non furono solo testimoni, ma anche partecipi del grande avvenimento. Tant’è che Pietro vorrebbe permanere in quello stato di felicità e di comunione. Aprendosi alla grazia divina, gli apostoli vissero momenti di gioia indicibile.
Credo che la Quaresima e la Pasqua riservino ai fedeli tempi simili, perché questa gioia non invade il cuore dell’uomo solo quando egli si trova nell’allegria e nella festa, bensì anche, e forse soprattutto, nei momenti bui di prova. Le cause – o le occasioni – dei nostri dolori sono solo strumenti, dice dom Guillerand. Bisogna vedere l’operaio che se ne serve: è sempre Dio Carità. Lo spirito di fede scopre questo “amore” nella sofferenza e l’illumina. La luce dell’amore, cioè al fondo la luce dello Spirito Santo (lo Spirito dell’amore), è ciò che dona dolcezza e bontà a tutto. Le croci quotidiane sono gli esercizi attraverso i quali lo Spirito Santo sviluppa questa abitudine in un’anima. “La sofferenza che stai vivendo – ripete ancora Guillerand – è buona in questo momento. Essa è l’artiglio di Dio su un’anima. La segna per un destino che ha le ore più belle, la chiacchierata più dolce, i pensieri più alti”.
La Trasfigurazione, che la Chiesa ci presenta nella seconda domenica di Quaresima per farci percorrere il tempo penitenziale alla luce di Cristo, è senza dubbio un atto di grande rivelazione di Dio sul Figlio, e insieme una testimonianza dell’energia della grazia divina nel mondo. (RASPANTI A., Quaresima alla luce della Trasfigurazione, in Semi di contemplazione, (18) 2018, n. 200, p. 4).
Autore Anastasio sinaita
Oggi, sul monte Tabor, ci viene misteriosamente manifestata la condizione della vita futura e del Regno della gioia. Oggi, in un modo stupendo, gli antichi messaggeri dell’Antica e della Nuova Alleanza sono radunati intorno a Dio sul monte, portatori di un mistero pieno di paradosso. Oggi, sul monte Tabor si profila il mistero della croce che, oltrepassata la morte, dona la vita: come Cristo fu crocifisso in mezzo a due uomini sul monte Calvario, così egli è innalzato nella sua divina maestà tra Mosè e Elia. E la festa di oggi ci mostra quest’altro Sinai, monte molto più prezioso dell’antico Sinai, per le sue meraviglie e gli eventi che vi accadono: con la sua teofania, supera le visioni divine, figurate ed oscure. […].
Rallegrati, o Creatore di ogni cosa, Cristo Re, Figlio di Dio, tutto splendente di luce, tu che hai trasfigurato a tua immagine tutta la creazione e l’hai ricreata in un modo migliore. Rallegrati, o immagine del Regno celeste, monte santissimo del Tabor, tu che superi in bellezza tutti i monti! Monte del Gòlgota e monte degli Ulivi, cantate insieme l’inno di lode e rallegratevi; con voce unanime, cantate Cristo sul monte Tabor e celebratelo tutti insieme! (ANASTASIO SINAITA, Discorso sulla Trasfigurazione).