Autore Raspanti A.
Se nella vita teologale la coscienza credente è chiamata a porre un atto che è unico ma insieme atto di Dio e atto dell’uomo, allora la trascendenza non può che essere rivisitata evitando di pensarla come separazione di due mondi, pressoché impermeabili l’uno all’altro. E se raccogliamo la lezione […] di altri teologi e filosofi, la trascendenza s’iscrive nel cuore della struttura antropologica, al punto del suo inveramento che è insieme conoscenza e trasparenza/evidenza, pervenire a sé, non rimanendo in sé né estraniandosi da sé, bensì nell’incontro compiuto in Cristo ove trova il vero sé.
Ciò accade e, quindi, è percepibile in corrispondenza di una decisione, di una libertà per la verità che emerge correlativamente nella coscienza all’incrocio effettivo con altre libertà. Qui ella si sa preceduta da un dono, cioè sa che la sua possibilità è posta da un dono che la precede, che la abilita alla libertà dandole di accedere alla verità e l’attende in un ulteriore compimento.
Non a caso G. Gioia, fautore di una filosofia cristica, sostiene che la categoria della trascendenza vada rivista alla luce di quella della testimonianza, e perciò della ri-conoscenza. (RASPANTI A., Conoscenza, trascendenza e verità, in Seminario in preparazione al Giubileo delle Universita’ 7-11 settembre, sul tema Conoscenza, trascendenza e verità, Roma 26 maggio 2016, Pontificia Università Lateranense).