Autore Ambrogio s.
Dissétati prima all’Antico Testamento, per poter bere quindi dal Nuovo. Se non berrai al primo, non potrai bere al secondo. Bevi al primo per alleviare la tua sete, bevi al secondo per dissetarti appieno. […] Bevi l’uno e l’altro calice, quello dell’Antico e quello del Nuovo Testamento, perché in ambedue bevi Cristo. Bevi Cristo che è la vite (Gv 15,1), bevi Cristo che è la pietra da cui scaturì l’acqua (1 Cor 10,3). Bevi Cristo che è la fonte della vita (Sal 36,10); bevi Cristo perché egli è “il fiume che allieta la città di Dio (Sal 45,5); bevi Cristo che è la pace (Ef 2,14); bevi Cristo perché “fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,38). Bevi Cristo per dissetarti col sangue da cui sei stato redento; bevi Cristo, bevi la sua parola: sua parola è l’Antico e il Nuovo Testamento. Si beve la sacra Scrittura, anzi la si devora, quando fluisce nell’anima e le dà vigore la linfa del Verbo eterno. Infine, “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Dt 8,3; Mt 4,4). Bevi questa parola, ma bevila nell’ordine in cui essa procede: prima nell’Antico Testamento, poi nel Nuovo.
Egli dice infatti quasi con premura : “Popolo che cammini nelle tenebre, vedi questa grande luce; su di te che abiti in terra tenebrosa, una luce rifulge” (Is 9,2 LXX). Bevi subito dunque, perché su di te splenda una gran luce: non la luce comune, quella del giorno, del sole o della luna, ma la luce che dissipa l’ombra della morte. (AMBROGIO s., Commento sui salmi, 1, 33, CSEL 64, 28-30).
Autore Massimo il confessore s.
LUCE CHE ILLUMINA OGNI UOMO – La lampada posta sul candelabro è la luce del Padre, quella vera che illumina ogni uomo che viene al mondo (Gv 1,9), il Signore nostro Gesù Cristo. […]
Chiamò lucerniere la santa Chiesa, perché in essa risplende la parola di Dio mediante la predicazione, e così, con i bagliori della verità, illumina quanti si trovano in questo mondo come in una casa, arricchendo le intelligenze con la conoscenza di Dio…
Questa parola annunziata dalla Chiesa esige di essere posta sulla sommità del lucerniere, cioè all’apice dell’onore e dell’impegno di cui la Chiesa è capace. Infatti finché la parola è nascosta dalla lettera della legge come da un moggio, lascia tutti privi della luce eterna. Essa non può trasmettere la visione spirituale a chi non si sforzi di togliere il velo del senso materiale che trae in inganno e può addirittura fuorviare verso l’errore e la falsità. Invece va posta sul lucerniere della Chiesa. Ciò significa che la parola rivelata va intesa nel senso interiore e spirituale, spiegato dalla Chiesa stessa. Solo così potrà veramente illuminare ogni uomo che si trova nel mondo. Se infatti la Scrittura non viene intesa spiritualmente mostra solo un significato superficiale e parziale e non può far giungere al cuore tutta la sua ricca sostanza […]
Guardiamoci dunque dal porre sotto il moggio la lucerna, che accendiamo con la contemplazione e la pratica coerente della parola… Non riduciamo colpevolmente la indescrivibile vitalità della sapienza a causa della lettera; ma poniamo la luce sopra il lucerniere cioè sulla santa Chiesa, di modo che dall’alta cima di una interpretazione autentica ed esatta, mostri a tutti lo splendore della verità divina. (MASSIMO IL CONFESSORE s., Risposte a Talassio, Quaest. 63, PG 90, 667-670).
Autore Magistero
Dio è l’autore della Sacra Scrittura. « Le cose divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto l’ispirazione dello Spirito Santo » (DV 11).
La fede cristiana tuttavia non è una « religione del Libro ». Il cristianesimo è la religione della « Parola » di Dio: di una Parola cioè che non è « una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente » (San Bernardo). Perché le parole dei Libri Sacri non restino lettera morta, è necessario che Cristo, Parola eterna del Dio vivente, per mezzo dello Spirito Santo ce ne sveli il significato affinché comprendiamo le Scritture (Lc 24,45). (Catechismo della Chiesa Cattolica, § 101-105,108, Libreria Editrice Vaticana).
Autore Girolamo s.
L’IGNORANZA DELLE SCRITTURE È IGNORANZA DI CRISTO – Adempio al mio dovere, ubbidendo al comando di Cristo: «Scrutate le Scritture» (Gv 5, 39), e: «Cercate e troverete» (Mt 7, 7), per non sentirmi dire come ai Giudei: «Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture, né la potenza di Dio» (Mt 22, 29). Se, infatti, al dire dell’apostolo Paolo, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio, colui che non conosce le Scritture, non conosce la potenza di Dio, né la sua sapienza. Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo.
Perciò voglio imitare il padre di famiglia, che dal suo tesoro sa trarre cose nuove e vecchie, e così anche la Sposa, che nel Cantico dei Cantici dice: O mio diletto, ho serbato per te il nuovo e il vecchio (cfr. Ct 7, 14 volg.). Intendo perciò esporre il profeta Isaia in modo da presentarlo non solo come profeta, ma anche come evangelista e apostolo. Egli infatti ha detto anche di sé quello che dice degli altri evangelisti: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi, che annunzia la pace» (Is 52, 7). E Dio rivolge a lui, come a un apostolo, la domanda: Chi manderò, e chi andrà da questo popolo? Ed egli risponde: Eccomi, manda me (cfr. Is 6, 8).
Ma nessuno creda che io voglia esaurire in poche parole l’argomento di questo libro della Scrittura che contiene tutti i misteri del Signore. Effettivamente nel libro di Isaia troviamo che il Signore viene predetto come l’Emmanuele nato dalla Vergine, come autore di miracoli e di segni grandiosi, come morto e sepolto, risorto dagli inferi e salvatore di tutte le genti. Che dirò della sua dottrina sulla fisica, sull’etica e sulla logica? Tutto ciò che riguarda le Sacre Scritture, tutto ciò che la lingua può esprimere e l’intelligenza dei mortali può comprendere, si trova racchiuso in questo volume. Della profondità di tali misteri dà testimonianza lo stesso autore quando scrive: «Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere, dicendogli: Lèggilo. Ma quegli risponde: Non posso, perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggere, dicendogli: Lèggilo, ma quegli risponde: Non so leggere»(Is 29, 11-12).
(Si tratta dunque di misteri che, come tali, restano chiusi e incomprensibili ai profani, ma aperti e chiari ai profeti. Se perciò dai il libro di Isaia ai pagani, ignari dei libri ispirati, ti diranno: Non so leggerlo, perché non ho imparato a leggere i testi delle Scritture. I profeti però sapevano quello che dicevano e lo comprendevano). Leggiamo infatti in san Paolo: «Le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti» (1 Cor 14, 32), perché sia in loro facoltà di tacere o di parlare secondo l’occorrenza.
I profeti, dunque, comprendevano quello che dicevano, per questo tutte le loro parole sono piene di sapienza e di ragionevolezza. Alle loro orecchie non arrivavano soltanto le vibrazioni della voce, ma la stessa parola di Dio che parlava nel loro animo. Lo afferma qualcuno di loro con espressioni come queste: L’angelo parlava in me (cfr. Zc 1, 9), e: (lo Spirito) «grida nei nostri cuori: Abbà, Padre» (Gal 4, 6), e ancora: «Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore» (Sal 84, 9). (GIROLAMO s., Prologo al commento del Profeta Isaia, Nn. 1. 2; CCL 73, 1-3).
Autore Gregorio Magno s.
La sacra Scrittura trascende senza paragone ogni scienza e ogni insegnamento: prescindendo dal fatto che annuncia la verità, richiama alla patria celeste, muta il cuore di chi legge affinché si volga dai desideri terreni ad abbracciare le cose celesti; prescindendo dal fatto che con espressioni più oscure allena i forti mentre alletta i piccoli con un parlare dimesso; che non è così chiusa da intimidire, né così aperta da svilirsi; che ai lettori più semplici è quasi perfettamente nota e ai dotti appare sempre nuova; prescindendo dunque dalla sostanza, la Scrittura sacra supera ogni scienza e ogni insegnamento con lo stesso modo di esprimersi, perché con una stessa parola, mentre espone il testo, enuncia il mistero e riesce così a dire ciò che è stato in modo tale da predire con ciò stesso quel che sarà; e, senza mutare l’ordine del discorso, con le stesse parole sa descrivere ciò che è già compiuto e annunciare quel che sarà». Gregorio Magno, Moralia in Job, XX, 1; PL 76,620
Autore Martini Carlo Maria
L’unità che pervade i vari libri scritti in tempi ed epoche diversissime, il loro carattere normativo per la chiesa, la loro capacità di manifestare autenticamente il disegno divino di salvezza, sono accessibili soltanto a chi li accosta in una situazione o almeno in un’ipotesi di fede.
Autore Anonimo del IV
Vedi Bibbia / Parola di Dio
Autore Pagana Giuseppe
La tradizione ecclesiale riconosce quattro sensi della Sacra Scrittura:
Senso lettetale: la lettera racconta i fatti, narra le cose accadute, comunica storia;
Senso allegorico: l’allegoria insegna a vedere, con gli occhi della fede, che cosa credere; si ha quando, mediante un fatto, ne viene indicato un altro, in conformità del quale bisogna credere;
Senso morale: il senso morale che insegna che cosa fare e quindi come comportarsi; si ha quando mediante ciò che è stato fatto, vien dato di comprendere cosa bisogna fare;
Senso anagogico, cioè escatologico o contemplativo: che insegna a cosa o verso dove tendere; si ha quando vien dato di comprendere quello che dev’essere desiderato. (PAGANA G., Il Mistero della Parola. Leggere la Scrittura in spirito e verità, Jabbok Edizioni, San Gregorio di Catania 2008, pp. 111-112).
Autore Voillaume René
LETTURA DELLA S. – Ci sono, in effetti, molte tappe nel modo di leggere la Scrittura.
La prima, assolutamente indispensabile, è quella della scoperta del testo sacro e dell’acquisizione delle conoscenze storiche ed esegetiche, senza le quali non potresti capire il vero senso degli avvenimenti, dei fatti e degli insegnamenti, ivi riportati. La seconda è quella della lettura meditata propriamente detta: con la tua riflessione, aiutata dalla grazia, ti sforzi di scoprire il senso profondo del testo, di ricordarlo e di assimilarlo. La terza comincia da quando la tua familiarità con il testo è tale che ti parrebbe di non averci più niente da scoprire: la forza delle parole è come smussata dall’abitudine. È allora che devi ruminare umilmente il testo sacro, il cuore dilatato da un grande desiderio di ricevere lo Spirito promesso da Gesù, l’unico capace di rivelarci, a poco a poco, le ricchezze infinite della sapienza divina , celate sotto la debolezza del linguaggio umano. Queste tre maniere di meditare la Bibbia non si escludono l’un l’altra. È bene passare dall’una o all’altra a seconda dei bisogni. Nella lettura meditata farai bene variare i metodi. Nella terza tappa, ci vorrà molta pazienza, umile perseveranza e fede confidente. (VOILLAUME RENE’, Pregare per vivere, BACCHIARELLO L. (Ed), San Paolo 2012, pp. 97-98).
Autore Ambrogio s.
Dissétati prima all’Antico testamento, per poter bere quindi dal Nuovo. Se non berrai al primo,non potrai bere al secondo. Bevi al primo per alleviare la tua sete,bevi al secondo per dissetarti completamente […]. Bevi l’uno e l’altro calice,quello dell’Antico e quello del Nuovo Testamento,perché in ambedue bevi Cristo. Bevi Cristo che è la vite (Gv 15,1), bevi Cristo che è la pietra da cui scaturì l’acqua (1 Cor 10,3). Bevi Cristo che è la fonte della vita (Sal 36,10);bevi Cristo perché egli è “il fiume che allieta la città di Dio” (Sal 46,5); egli è la pace e”dal suo seno sgorgheranno fiumi di acqua viva” (Gv 7,38). Bevi Cristo per dissetarti col sangue da cui sei stato redento;bevi Cristo,bevi la sua Parola:sua Parola è l’Antico e il Nuovo Testamento.
Si beve la sacra Scrittura,anzi la si mangia,allora fluisce nell’anima e le dà vigore la linfa del Verbo eterno: ”Non di solo pane vivrà l’uomo,ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3; Mt 4,4). Bevi questa parola,ma bevila nell’ordine in cui essa procede:prima nell’Antico Testamento,poi nel Nuovo. Egli dice infatti,quasi con premura:”Popolo che cammini nelle tenebre,vedi questa grande luce; su di te che abiti in terra tenebrosa,una luce rifulge”(Is 9,2 LXX). Bevi subito dunque,perché su di te splenda una gran luce: non la luce comune,quella del giorno,del sole o della luna,ma la luce che dissipa l’ombra della morte. (AMBROGIO DI MILANO s., Commento sui Salmi,1,33; CSEL 64,28-30).