Autore Massimo il confessore s.
Anche se io tacessi, fratelli, il tempo ci avverte che il Natale di Cristo Signore è vicino; già questi ultimi giorni prevengono il mio discorso. Il mondo con le sue stesse angustie dice l’imminenza di qualche cosa che la rinnoverà, e desidera con un’attesa impaziente che lo splendore di un sole più fulgido illumini le sue tenebre. Quest’attesa della creazione persuade anche noi ad attendere il sorgere di Cristo, nuovo Sole, perché illumini le tenebre dei nostri peccati; che questo sole di giustizia, con la forza della sua nascita, dissipi le dense nebbie delle nostre colpe, e non permetta che la nostra vita si chiuda in una gretta oscurità, ma piuttosto si dilati in grazia della sua potenza. E come in quel giorno sulla terra comincia ad aumentare la durata della luce, così anche noi allarghiamo la misura della nostra virtù; la luce di quel giorno è comune ai poveri e ai ricchi, così anche la nostra liberalità si estenda ai viandanti e agl’indigenti; e come la terra fa retrocedere l’oscurità delle sue notti, così anche noi respingiamo le tenebre della nostra avarizia. […]. Perciò, fratelli, mentre stiamo per accogliere il Natale del Signore, rivestiamoci di indumenti nitidi, senza macchia. Parlo della veste dell’anima, non di quella del corpo. La veste che riveste il corpo è tunica senza importanza. Invece, del corpo, oggetto preziosissimo, è vestita l’anima. La prima veste è tessuta da mani umane; la seconda è opera di Dio. Per questo occorre badare con la più grande sollecitudine a preservare da ogni macchia l’opera di Dio […]. Prima della Natività del Signore, purifichiamo dunque la nostra coscienza da ogni macchia. Abbigliamoci non con abiti di seta, ma con opere sante. […]. Adorniamo prima la coscienza dell’uomo interiore. (MASSIMO IL CONFESSORE s., Discorsi, 61a, 1-3 CCL 23, 24-252).
Autore Leone Magno s.
Il nostro Salvatore oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita. Il Figlio di Dio infatti, giunta la pienezza dei tempi che l’impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l’assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita del Signore gli angeli cantano esultanti: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» Lc 2, 14). Essi vedono che la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo. Di questa opera ineffabile dell’amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro altezza, quanto non deve rallegrarsi l’umanità nella sua miseria! O carissimi, rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, perché nella infinita misericordia, con cui ci ha amati, ha avuto pietà di noi, e, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo (Ef 2, 5) perché fossimo in lui creatura nuova, nuova opera delle sue mani. Deponiamo dunque «l’uomo vecchio con la condotta di prima» (Ef 4, 22) e, poiché siamo partecipi della generazione di Cristo, rinunziamo alle opere della carne. Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole e non sottometterti di nuovo alla schiavitù del demonio. Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il sangue di Cristo. (LEONE MAGNO S., Discorso 1 per il Natale, 1-3; Pl 54, 190-193).
Autore Guerrico D’Igny b.
“Un bambino è nato per noi” (Is 9,5). Sì, veramente per noi, poiché non è per lui, né per gli angeli. Non per lui: questa nascita infatti non gli dava l’esistenza, né un’esistenza migliore, poiché, prima di nascere nel tempo, egli era da tutta l’eternità ed era la sua beatitudine piena, Dio perfetto nato da Dio perfetto […]. Era Dio nato da Dio per se stesso, è nato bambino per noi. In certo senso si è distaccato da se stesso ed ha passato come con un salto gli angeli per venire fino a noi ed essere uno di noi. “Spogliando se stesso” e facendosi inferiore agli angeli (Fil 2,7; Eb 2,7), si fece nostro simile. Mentre per la sua nascita eterna, era la beatitudine per sé e per gli angeli, nascendo per noi in questo mondo, si è fatto nostra redenzione, poiché ci vedeva sotto il peso del peccato originale proprio della nostra nascita.
Gesù Bambino, la tua nascita è la nostra beatitudine: quanto dobbiamo amarla! Rinnova la nostra nascita, restaura la nostra condizione, fa scomparire la nostra ferita, annulla la sentenza che condannava la nostra natura (Col 2,14). Ormai chi si affliggeva per una nascita che gli faceva presagire dolore può rinascere pieno di gioia. Poiché “a quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12) […]. Per la tua nascita, tu Dio e figlio dell’uomo! Per essa “abbiamo anche ottenuto di accedere alla grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria” di figli di Dio (Rom 5,2). Quale scambio ammirabile! Prendendo la nostra carne, ci hai fatto il dono della tua divinità […]; ‘svuotato’ di te, ci hai ricolmati. (GUERRICO D’IGNY B. Terza omelia per la Natività, SC 166).
Autore Taulero G.
A Natale, celebriamo una triplice nascita […]. La prima e più sublime nascita è quella del Figlio unigenito, generato dal Padre nell’essenza divina, nella distinzione delle persone. La seconda nascita è quella che si compie in una madre che, nella sua fecondità, ha custodito la purezza assoluta della sua castità verginale. La terza è quella in cui, ogni giorno e in ogni cosa, Dio nasce in verità, spiritualmente, mediante la grazia e l’amore, in un’anima buona. […]. Per questa terza nascita, non deve rimanere in noi nulla se non una ricerca semplice e pura di Dio senza più alcun desiderio di possedere qualcosa di nostro […], con la sola volontà di appartenere a lui, di fargli posto il più possibile, soli con lui, affinché egli possa compiere la sua opera e nascere in noi senza che lo ostacoliamo […]. Se l’uomo preparasse in questo modo il posto nel fondo del suo essere, Dio, senz’alcun dubbio, sarebbe costretto a riempirlo totalmente; altrimenti sarebbe piuttosto il cielo a rompersi per riempire questo vuoto. Dio non può lasciare le cose vuote; sarebbe contrario alla sua natura, alla sua giustizia. Per questo devi tacere; allora il Verbo di questa nascita, la Parola di Dio, potrà essere pronunciato in te e tu potrai sentirlo. Ma sii ben certo che se vuoi parlare, egli deve tacere. Non possiamo servire meglio il Verbo che nel tacere e nell’ascoltare. Se dunque esci completamente da te stesso, Dio entrerà completamente; tanto tu uscirai, tanto egli entrerà, né più, né meno. (GIOVANNI TAULERO, Omelia per il Natale).
Autore Marmion Columba
Quando contempliamo a Bethlehem il Verbo Incarnato, eleviamoci al di sopra dei sensi per non guardare che con gli occhi della fede. La fede ci fa partecipare quaggiù della conoscenza che le divine persone hanno l’una dell’altra. In questo non vi è nulla di esagerato. La grazia santificante ci rende effettivamente partecipi della natura divina: ma l’attività della natura divina consiste nella conoscenza e nell’amore che le persone divine hanno l’una dell’altra e l’una per l’altra per cui noi veniamo a partecipare di questa conoscenza.
E come la grazia santificante sbocciando nella gloria ci darà il diritto di contemplare Iddio qual è, così, sulla terra, nelle ombre della fede, la grazia ci consente di guardare le profondità dei misteri con gli occhi di Dio (Prefazio di Natale). Se la nostra fede è viva e perfetta, non ci fermiamo alla scorza, alla superficie del mistero, ma ne raggiungiamo l’intimità per contemplarlo cogli occhi di Dio; noi passiamo attraverso l’umanità per penetrare fino alla divinità che l’umanità nasconde e rivela ad un tempo, e così vediamo i misteri divini nella luce divina.
E rapita, stupefatta per un abbassamento così prodigioso, l’anima vivificata dalla fede si prostra, si abbandona completamente per procacciare la gloria di un Dio che vela in questa maniera per amore della sua creatura, lo splendore nativo delle sue perfezioni insondabili. Essa lo adora, essa si dona, non ha pace finché essa stessa non abbia tutto dato in cambio per perfezionare il commercio ch’egli vuole stabilire con essa, finché essa non abbia sottoposta la sua attività e tutta se stessa a «questo Re pacifico che viene con tanta magnificenza» (Antifona dei Vespri di Natale) per salvarla, santificarla e, a così dire, deificarla.
Avviciniamoci dunque al bambino Gesù con fede grande. Noi avremmo voluto essere a Bethlehem per riceverlo. Ecco che la comunione ce lo offre con la stessa realtà per quanto i nostri sensi ve lo scorgano ancora meno. Nel tabernacolo come al presepio, vi è il medesimo Dio pieno di potenza, il medesimo Salvatore pieno di bontà. (MARMION COLUMBA, Cristo bei suoi misteri, VII).