Autore Giovanni della Croce s.
INCENDIO D’AMORE – Questo incendio d’amore, di solito, non si sente agli inizi, perché non è ancora cominciato a causa dell’impurità della natura, oppure perché l’anima, non comprendendolo, non lo accoglie in sé pacificamente. A volte, invece, con o senza questi ostacoli, l’anima comincia a provare improvvisamente un certo desiderio di Dio pieno si spasimo; quanto più questo desiderio aumenta, tanto più l’anima si sente trasportata verso Dio e infiammata d’amore per lui, senza sapere né comprendere né come né donde le vengano quest’amore e quest’affetto. A volte sente solo crescere in sé tanto questa fiamma e quest’incendio da desiderare Dio con un amore pieno di spasimo. […] L’anima, senza sapere dove va, si vede annientata in tutte le cose di lassù e di quaggiù, ove era solita trovare le sue consolazioni. Essa constata soltanto di essere infiammata d’amore, senza sapere come né perché si sia prodotto tale cambiamento. E poiché a volte l’incendio d’amore assume proporzioni inverosimili, gli spasimi per Dio si fanno talmente intensi nell’anima da sembrare che questa sete ardente inaridisca tutte le ossa, indebolisca la natura, tolga all’anima il suo calore e la sua forza per l’acutezza della sete d’amore che l’anima sente tanto potentemente. […] Questa sete, essendo vivissima, si può ben dire che fa morire. Ma dobbiamo ricordare che la veemenza di questa sete non è continua, bensì intermittente, anche se l’anima abitualmente prova sempre un po’ dei suoi ardori. […] Ordinariamente quest’amore non si avverte all’inizio. Al contrario, l’anima prova l’aridità e il vuoto di cui sto parlando. E allora, invece di quest’amore, che pure va accendendosi e che l’anima consegue in mezzo alle aridità e al vuoto delle sue potenze, c’è una costante attenzione e sollecitudine di piacere a Dio, mista al dolore e al timore di non servirlo abbastanza. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura, Libro I, cap. 11).