Fede

Autore Merton Thomas

La fede è una luce di una tale brillantezza suprema da abbagliare la mente e oscurare tutte le sue visioni di altre realtà: ma alla fine, quando ci siamo abituati alla nuova luce, acquisiamo una nuova visione di tutta la realtà trasfigurata ed elevata nella luce stessa. (MERTON T., L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 46).

 

Autore Barsanufio s. e Giovanni monaci reclusi

Se non puoi parlare della fede, non tentare neanche di farlo. Chi è saldo nella fede, non sarà mai turbato da discussioni e dibattiti con eretici e miscredenti. Avendo in sé Gesù, il Signore della pace e della quiete, dopo una calma discussione, può amorosamente portare molti eretici e miscredenti alla conoscenza di Gesù Cristo, nostro Salvatore. Fai così: finché la discussione su qualche cosa è superiore alle tue forze, prendi la strada maestra della fede dei 318 santi padri (e per noi ora, quella della fede stabilita da sette concili ecumenici), nella quale tu sei battezzato. Essa contiene ogni cosa formulata esattamente per la perfetta comprensione. Ma sopra ogni cosa poni attenzione a te stesso, meditando sui tuoi peccati e sul come sarai giudicato da Dio. (S. BARSANUFIO e GIOVANNI monaci reclusi, Lettere ascetiche, 18)

 

Autore Malaval F.

LUCE OSCURA – La fede viene in soccorso della natura, gli rappresenta un Dio infinito e infinitamente amabile; e come il lume della gloria mette i beati in possesso di ciò che Dio è, la fede è un lume che ci mette in possesso di ciò che essi vedono. È lo stesso Dio ma essi lo vedono chiaramente e noi lo vediamo oscuramente, essi sanno ciò che egli è e noi ratifichiamo ciò che essi sanno, essi vedono che egli non è alcuna delle creature e noi crediamo pure che egli non è niente di creato. Ma questa fede, Filotea, non è un semplice assenso della ragione umana alla verità, come quando crediamo ciò che ci si dice tutti i giorni nel mondo. È una luce soprannaturale che fa consentire l’uomo fermamente e invariabilmente alla credenza di un Dio. Questa luce non è un ragionamento, perché sarebbe chiara e il suo oggetto lo sarebbe altrettanto; è una luce oscura e il suo oggetto è oscuro. Nella qualità di luce essa conferma e nella qualità di oscura essa libera sovranamente l’anima da tutto ciò che conosce di chiaro e di conveniente per la ragione. Dio, dice la fede, non è né natura né somiglianza creata né possibilità, egli è colui che è ed è tutto. Di conseguenza, Filotea, la fede comprende tutto ciò che la scienza può concepire di Dio e tutto ciò che essa non può concepire. (MALAVAL F. Pratica facile per elevare l’anima alla  contemplazione, Dial. II, colloquio 12).

 

Autore Malaval F.

FEDE E CONTEMPLAZIONE –  La contemplazione è un atto di fede su Dio presente, che con il soccorso della grazia diviene continuo e familiare, e così è un atto universale come la sua luce e il suo oggetto. La fede produce la contemplazione e la contemplazione illumina la fede, come vediamo che un grano di mostarda produce un grande albero che era racchiuso nel suo seme e, dopo, quest’albero produce un’infinità di grani e di semi; perché la contemplazione aumenta straordinariamente la fede e la rende più efficace, più penetrante, più luminosa e più universale di quanto non era. A forza di ragionare con la natura la mente si rende grande e a forza di credere con la grazia la mente si rende divina. Ah! Filotea, questo meraviglioso esercizio della fede è la beatitudine di questa vita. «Beati sono coloro che credono e non vedono», perché una grande fede esercitata con la contemplazione produce un grande amore e una grandissima, strettissima e perfetta unione con Dio, che è nostra felicità. (MALAVAL F. Pratica facile per elevare l’anima alla  contemplazione, Dial. II, colloquio 12).

 

Autore Malaval F.

FEDE ILLUMINATA – La fede rimane sempre oscura per il suo oggetto, ma trae dalla luce che viene dall’orazione una più grande forza, una più grande certezza e una più grande penetrazione. Il ferro che è stato semplicemente avvicinato al fuoco diviene caldo, ma quando è stato arroventato dal fuoco, si direbbe che il ferro e il fuoco siano una medesima cosa, in modo che essi sono uniti e incorporati insieme. Con un grande esercizio della contemplazione si direbbe che la ragione divenga fede o che la fede divenga ragione, mentre l’anima ha certezza e convinzione di ciò che crede. […] Questa luce della fede più è grande, più causa in noi un meraviglioso diletto e ci fa compiacere in Dio solo. C’è un certo artificio di prospettiva che incanta gli occhi facendo loro vedere in un prodigioso allontanamento un oggetto che è molto vicino. La fede è ciò che ci avvicina di più a Dio e ciò che ci allontana di più da lui; e così più la contemplazione illumina la fede, più essa ci mostra contemporaneamente un Dio presente e un Dio immenso, un Dio con noi e un Dio al di sopra di noi: ci mette nello stesso tempo nel seno di Dio e ci affonda in un abisso di Dio. Non distinguiamo di più l’essere di Dio, dal momento che la fede rimane sempre oscura, ma lo vediamo meglio di prima. (MALAVAL F. Pratica facile per elevare l’anima alla contemplazione,Dial. II, colloquio 12).

 

Autore Barsotti D.

La fede non è la conclusione di un ragionamento, ma è percezione di una realtà soprannaturale, percezione intellettuale di una presenza. Dobbiamo vivere al di là di ogni esperienza sensibile, la percezione della realtà di Dio, la percezione di una pura presenza di luce in cui l’anima si affida e si perde. (BARSOTTI D., Le apparizioni del Risorto, S. Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 27).

 

Autore Teresa di Lisieux s.

Godevo allora di una fede così viva e chiara, che pensare al Cielo rappresentava la mia unica felicità; non potevo credere che esistessero degli empi senza fede. Credevo che andassero contro il loro vero pensiero, negando l’esistenza del Cielo, del bel Cielo dove Dio stesso sarebbe stato la loro eterna ricompensa. Nei giorni così gioiosi del tempo pasquale Gesù mi fece sentire che esistono veramente delle anime che non hanno la fede, che per l’abuso delle grazie perdono questo tesoro prezioso, questa sorgente delle sole gioie pure e vere. (TERESA DI LISIEUX, Storia di un’anima, Àncora Milano 1993, p. 279).

 

Autore Teresa di Lisieux s.

Dal momento che Gesù è risalito al Cielo, posso seguirlo soltanto sulle tracce che ha lasciato: ma come sono luminose, come sono profumate queste tracce! Mi basta uno sguardo al Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da quale parte devo correre… Non mi slancio verso il primo posto, ma verso l’ultimo; invece di farmi avanti con il fariseo, ripeto, piena di fiducia, l’umile preghiera del pubblicano. Soprattutto imito la condotta di Maddalena, la sua sorprendente o meglio la sua amorosa audacia, che conquista il cuore di Gesù e seduce il mio. Sì, lo sento, se anche avessi sulla coscienza tutti i peccati che è possibile commettere, andrei a gettarmi fra le braccia di Gesù con il cuore spezzato dal pentimento, perché so quanto ami il figlio prodigo che ritorna a Lui . (TERESA DI LISIEUX, Storia di un’anima, Àncora Milano 1993, p. 337).

 

Autore Guglielmo di Saint-Thierry

LA RAGIONE DELLA FEDE – La fede che progredisce deve innalzarsi verso Dio e verso la sua conoscenza attraverso tre gradi di intelligenza. Il primo grado corrisponde alla ricerca accurata di ciò che si debba credere sul conto del proprio Signore Dio; il secondo consiste nel chiedersi come si debba pensare ed esprimere in maniera corretta quello che si crede correttamente su Dio; […] il secondo è più difficile in quanto è più distante dalla natura delle cose; è proprio di coloro che, come dice l’Apostolo, hanno i sensi esercitati per abitudine a distinguere il bene dal male […]. Il secondo è quello della ragione, non della ragione umana bensì di quella che è propria della fede; [questo grado di intelligenza] possiede anch’esso la forma delle sane parole relativamente alla fede, una forma che è concorde in tutto e per tutto all’autorità divina. E’ proprio di questo grado non soltanto pensare e parlare razionalmente su Dio in base alla ragione della fede, ma anche conoscere in che modo la fede stessa nasca dove non c’è, (come) si alimenti e si accresca dove è presente, e in quale maniera possa difendersi contro gli avversari. (G. DI SAINT-THIERRY, L’enigma della fede in G. DI SAINT-THIERRY, Opere/1, Lo specchio della fede, L’enigma della fede, L’epistola aurea, M. SPINELLI (Ed), Roma 1993, p. 150).

 

Autore Agostino s.

Vi esorto a far sì che nei vostri cuori non si assopisca la fede con cui resistere alle tempeste e ai marosi di questo mondo. In effetti non è vero che Cristo nostro Signore avesse in suo potere la morte e non il sonno e che forse l’Onnipotente fu oppresso dal sonno contro la sua volontà mentre stava sulla barca. Se voi crederete questo, egli dorme nel vostro intimo; se invece Cristo è desto, è desta anche la vostra fede. L’Apostolo dice: « (Chiedo di) far abitare Cristo nei vostri cuori per mezzo della fede » (Ef 3,17).
Anche il sonno di Cristo è dunque un segno esteriore d’un simbolo. Sono come dei naviganti le anime che fanno la traversata di questa vita in una imbarcazione. Anche quella barca era la figura della Chiesa. Poiché anche ogni persona è tempio di Dio e naviga nel proprio cuore e non fa naufragio se nutre buoni pensieri. Se hai sentito un insulto, è come il vento; se sei adirato, ecco la tempesta. Se quindi soffia il vento e sorge la tempesta, corre pericolo la nave, corre pericolo il tuo cuore ed è agitato. All’udire l’insulto tu desideri vendicarti: ed ecco ti sei vendicato e, godendo del male altrui, hai fatto naufragio. E perché? Perché in te dorme Cristo. Che vuol dire: “In te dorme Cristo”? Ti sei dimenticato di Cristo. Risveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, sia desto in te Cristo: considera lui. (AGOSTINO s., Discorso 63, 1-3, PL 38, 424-425 ).

 

Autore Filosseno di Mabbug

Il nostro Signore ha chiamato Zaccheo dal sicomoro sul quale era salito, e subito Zaccheo si è affrettato a scendere e l’ha accolto nella sua casa […]. Infatti, anche prima di essere stato chiamato, ha sperato di vederlo e di diventare suo discepolo. È cosa mirabile il suo credere in lui, senza che il Signore gli abbia parlato e senza averlo visto con gli occhi del corpo, ma semplicemente sulla parola degli altri. La fede presente in lui era stata custodita nella sua vita e nel suo essere naturali. E questa fede si è manifestata quando ha creduto nel nostro Signore, al momento stesso in cui ha saputo che arrivava. La semplicità della sua fede è venuta a galla quando ha promesso di dare la metà dei suoi beni ai poveri e di restituire quattro volte tanto ciò che aveva preso in modo disonesto. […].

Infatti, se lo Spirito di Zaccheo non era stato pieno in questo momento della semplicità che si addice alla fede, non avrebbe fatto questa promessa a Gesù e non avrebbe speso e distribuito in poco tempo ciò che aveva ammassato in tanti anni di lavoro. La semplicità ha elargito da ogni parte ciò che la scaltrezza aveva ammassato, la purezza dell’anima ha disseminato ciò che la frode aveva acquistato e la fede ha rinunciato a ciò che l’ingiustizia aveva ottenuto e posseduto e ha proclamato che questo non le apparteneva.

[…]. Dio infatti è l’unico bene della fede e essa rifiuta di possedere ogni altro bene. Per essa tutti i beni sono poco importanti, all’infuori di questo unico bene durevole che è Dio. Abbiamo ricevuto in noi la fede per trovare Dio e possedere solo lui, e per vedere che quanto esiste fuori di lui non giova a nulla.(FILOSSENO DI MABBUG, Discorso 4, 79-80, SC 44, 97).

 

Autore Gregorio di Narek s.

O Signore, tu hai affermato che tutto è possibile a chi crede. Se esaminiamo qual è la virtù migliore e la più gradita a te, vediamo che la fede ha il primato. In realtà è in forza di essa che noi ci disponiamo a entrare nel Santo dei Santi. Senza di essa neppure tu, Signore della gloria, hai compiuto in nostro favore i tuoi meravigliosi miracoli: prima di compierli hai voluto che alla tua bontà si unisse la nostra fede. Questo perché la fede è capace di per sé di dare la vita, dal momento che ti tocca da vicino, Signore. Del resto, è stata la tua bocca benedetta a proclamare queste parole: “La tua fede ti ha salvato”.

In effetti una fede non più grande di un piccolo, umile granello di senape ha la forza di trasportare grandi montagne in mezzo al mare; ebbene, noi abbiamo ricevuto realmente questa fede, come una guida che apre il sentiero della vita, come un verace culto di Dio. Questa fede, attraverso gli occhi dell’anima, vede senza esitazione le cose future e quelle che sono nascoste […]. Essa è annoverata tra la carità e la speranza […] perché se io credo in te, te pure amerò, Signore e nello stesso tempo spererò i tuoi doni invisibili. (GREGORIO DI NAREK s., Le livre de priere, Ed. Du Cerf, Parigi 1961).

 

Autore Merton Thomas

La radice dell’amore cristiano non è la volontà di amare, ma il credere che si è amati. Credere che Dio ci ama. Credere che Dio ci ama anche se siamo indegni – o meglio – che Egli ci ama indipendentemente dai nostri meriti!

In una visione veramente cristiana dell’amore di Dio, il concetto di dignità perde ogni significato. La rivelazione della misericordia di Dio riduce tutto il problema della dignità a qualcosa di quasi irrisorio: la scoperta che la dignità è di poca importanza (perché nessuno potrebbe mai, di per se stesso, essere degno di essere amato di un simile amore) è una vera liberazione di spirito. E, fintanto che non si giunge a questa scoperta, fintanto che questa liberazione non è stata operata dalla misericordia divina, l’uomo rimane prigioniero dell’odio. (MERTON T., Semi di contemplazione, B. TASSO – E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, p. 63).

 

Autore Merton Thomas

FEDE OSCURA – La stessa oscurità della fede è un argomento della sua perfezione. Essa è oscurità per la nostra mente perché ne trascende di gran lunga la debolezza. Più la fede è perfetta, più oscura diventa. Più vicini arriviamo a Dio, meno la nostra fede si diluisce con la mezza luce di immagini e concetti creati. La nostra certezza aumenta con questa oscurità, e tuttavia non senza angoscia né dubbio materiale, perché non troviamo facile sussistere in un vuoto nel quale le nostre facoltà naturali non hanno nulla su cui basarsi. Ed è nell’oscurità più profonda che noi possediamo pienamente Dio sulla terra, perché è allora che le nostre menti veramente si liberano dalle incerte luci create che sono tenebre in confronto a Lui, è allora che ci riempiamo della Sua infinita Luce, che per noi è pura tenebra.

In questa altissima perfezione di fede lo stesso Dio infinito diventa la Luce dell’anima ottenebrata e la possiede interamente con la Sua verità. (MERTON T., Semi di contemplazione, B. TASSO – E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, p. 106).

 

Autore Merton Thomas

DINAMISMO DELLA FEDE – La fede non si limita a darci ragione dell’ignoto, applicandogli un’etichetta teologica e riponendolo in uno schedario al sicuro, per cui noi non dobbiamo più preoccuparcene. Questo è falsare tutto il concetto di fede. Al contrario, la fede incorpora l’ignoto nella nostra vita di ogni giorno, in maniera viva, dinamica, attuale. L’ignoto rimane ignoto. È sempre un mistero, perché non può cessare di esserlo. La funzione della fede non é ridurre il mistero a chiarezza razionale, ma di integrare il noto e l’ignoto in un insieme vitale, nel quale ci sia sempre più facile trascendere le limitazioni del nostro io esteriore.

Quindi la funzione della fede non è soltanto di metterci a contatto con l’«autorità di Dio» rivelante; non solo di insegnarci verità «riguardo a Dio», ma anche di rivelarci l’ignoto che è in noi, in quanto il nostro io ignoto e sconosciuto vive effettivamente in Dio, muovendosi ed agendo solo nella luce diretta della Sua grazia misericordiosa. (MERTON T., Semi di contemplazione, B. TASSO – E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, pp. 107-108).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

CAMMINO DI FEDE – Il mondo che cogliamo con i sensi è già, da un punto di vista naturale, il solido terreno che ci sostiene, la casa in cui ci sentiamo a nostro agio, che ci nutre e ci procura tutto il necessario, fonte della nostra gioia e dei nostri piaceri. Se ci viene tolta o siamo costretti ad uscirne, è proprio vero che è come se ci mancasse la terra sotto i piedi e come se la notte ci circondasse; come se stessimo affondando e perendo. Non è così però. In realtà veniamo posti in un cammino sicuro, anche se oscuro, avvolto nella notte: il cammino della fede. E’ un cammino, poiché conduce alla meta dell’unione. Ma è un cammino notturno, poiché al confronto del chiaro giudizio della ragione naturale, la fede è una conoscenza oscura: ci fa conoscere qualche cosa ma non riusciamo a vederla. Perciò deve essere detto anche che la meta, cui arriviamo nel cammino della fede, è notte: Dio sulla terra, anche nella beata unione, rimane per noi celato. Ai nostri occhi di fede non è adatta la Sua luce sfolgorante ed appare come oscurità notturna. (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008, p. 50).

 

Autore Stein E. (S. Teresa Benedetta della Croce)

La fede è per l’anima una notte totalmente oscura. Essa però, proprio per questo, porta la sua luce: una conoscenza di totale certezza, che supera ogni altro sapere e scienza, tanto che si può giungere alla corretta immaginazione della fede solo nella perfetta contemplazione. […]. Da quanto espresso or ora, risulta chiaro che non solo la fede è una notte oscura, ma anche un cammino; il cammino alla cui meta tende l’anima, alla unione con Dio. Poiché questa solo consente la conoscenza con Dio E come si potrebbe giungere all’unione con Dio senza conoscerlo? Però l’anima,per essere guidata dalla fede alla meta, deve comportarsi nel modo giusto. Deve entrare, per propria scelta e con la sua forza,  nella notte della fede. Dopo che nella notte dei sensi, ha negato ogni desiderio per le cose create, ora deve, per giungere a Dio, uccidere  le sue forze naturali, i sensi ed anche l’intelletto. Perché, per giungere alla trasformazione soprannaturale, deve abbandonare dietro di sé il naturale. Di più deve alienare se stessa da tutti i beni soprannaturali, quando Dio gliene dona qualcuno. Deve liberarsi da tutto quanto cade nel campo della capacità di comprensione. […] Dinanzi a tutto questo l’anima deve essere e rimanere completamente cieca, per desiderare quanto insegna la fede. Poiché, chi non è del tutto cieco, non si lascia volontariamente condurre dalla guida del cieco, bensì confida in quanto egli stesso vede. […]. Così la luce divina già dimora naturalmente nell’anima. Solo quando però abbia abbandonato, per amore di Dio, tutto quanto non è Dio questo significa amore! può essere illuminata e venire trasformata in Dio. (STEIN E., Scientia Crucis, DOBNER C. (Ed ), Editrice O.C.D. 2008, pp. 64-65;67).

 

Autore De Caussade J. P.

Vivere nella fede è […] vivere di gioia, di sicurezza, di certezza, di fiducia in tutto quello che si deve fare e soffrire a ogni momento per ordine di Dio. Per quanto misteriosa possa apparire questa condotta, è per incoraggiare e sorreggere la sua vita di fede che Dio sospinge l’anima e la trascina nei flutti tumultuosi di tante pene, turbamenti, fastidi, languori e sconvolgimenti. Perché‚ ci vuole fede per riconoscere in tutto ciò Dio e questa vita divina che non si vede e non si sente, ma che ci è data a ogni istante in un modo sconosciuto, ma assolutamente certo. L’apparenza della morte nel corpo, della dannazione nell’anima, dello scompiglio negli affari sono l’alimento e il sostegno della fede; essa passa attraverso queste cose e va a posarsi sulla mano di Dio che le dà vita dovunque non ci sia prospettiva di peccato. Bisogna che un’anima di fede cammini sempre con sicurezza, prendendo tutto come velo e travestimento di Dio, la cui presenza più intima scuote, spaventa le facoltà.

Non c’è niente di più generoso di un cuore che ha la fede, che sa scorgere la vita divina nei travagli e nei pericoli più mortali. Anche se si dovesse inghiottire del veleno, esporsi sulla breccia, fare da schiavo a degli appestati, si trova in tutto ciò una pienezza di vita divina che non si dà soltanto a goccia a goccia, ma che in un istante inonda l’anima e la sommerge.

Un esercito di simili soldati sarebbe invincibile. Perché‚ l’istinto della fede produce una elevazione e una dilatazione del cuore al di là e al di sopra di tutto ciò che può accadere. La vita della fede e l’istinto della fede sono la stessa cosa. Questo istinto è un godimento del bene di Dio e una fiducia fondata sull’attesa della sua protezione che rende tutto piacevole e tutto serenamente accettabile. Rende indifferenti verso tutti i luoghi, tutte le situazioni e tutte le persone.

La fede non è mai infelice, mai malata, mai in uno stato di peccato mortale; questa fede viva è sempre immersa in Dio, sempre sotto il suo influsso, ben oltre le apparenze contrarie che oscurano i sensi. I sensi spaventati gridano con violenza all’anima: “ Sventurata, eccoti perduta, non hai più risorse!” . Ma la fede con voce più forte subito le dice: “ Sta’ salda, cammina e non avere timore di nulla. (DE CAUSSADE J. P., L’abbandono alla divina Provvidenza,  San Paolo 1996, p. 47).

 

Autore Courtois Gaston

“La fede è un dono che io non rifiuto mai a colui che me lo chiede con perseveranza. Per voi essa è l’unico mezzo normale per avere un’antenna nell’al di là.

Finché vivi sulla terra, il clima normale dell’anima è un clima di fede e di fede meritoria, fatta di una certa divina mescolanza di chiarezza e di ombra che ti permette ragionevolmente di aderire a me senza percepirmi nella pienezza dell’evidenza.

È proprio questo che mi aspetto da te. Dove sarebbe il tuo merito se io apparissi come sono, trasfigurato, dinanzi a te? Tuttavia, più eserciterai la tua fede nell’amore, più giungerai a percepire nell’oscurità la mia divina presenza. «Il giusto vive di fede».

La sua ricchezza sono le realtà invisibili che gli diventano percettibili. Il suo cibo è la mia presenza, il mio sguardo, il mio soccorso, le mie esigenze di amore. La sua ambizione sta nel farmi nascere e crescere in molte anime, in modo che ci sia un po’ più di me sulla terra. La sua società è il mio Corpo Mistico. La sua famiglia è la famiglia trinitaria dalla quale tutto prende avvio e dove tutto termina per me, con me e in me. In quanto a te, vivi sempre più questo programma. È anzitutto a questo che io ti chiamo.

Chiedimi con fedeltà una fede profonda, luminosa, solida, illuminata, radiosa. Una fede che non sia soltanto una adesione intellettuale e volontaria a delle verità dommatiche astratte, ma una percezione della mia presenza viva, della mia parola interiore, della mia tenerezza amorosa, dei miei desideri inespressi. Sappi che io voglio esaudirti, ma chiedi con più insistenza. Che la tua fiducia mi testimoni il tuo amore. […].

Ho piacere che tu sappia scoprirmi, riconoscermi, percepirmi attraverso i tuoi fratelli, attraverso la natura, attraverso gli avvenimenti piccoli o grandi. Tutto è grazia e io sono là”. (COURTOIS G. Quando il maestro parla al cuore, San Paolo).

 

Autore Simeone il nuovo teologo

CREDERE IN GESU’ OGGI – Molti non cessano di dire: «Se avessimo vissuto al tempo degli apostoli, se fossimo stati considerati degni di vedere il Cristo come loro, saremmo anche noi divenuti dei santi, come loro». Non sanno che è lo stesso, colui che parla, ora come allora, in tutto l’universo. […]. Sicuramente, la situazione attuale non è simile a quella di allora. Ma è la situazione di oggi, di ora, molto più felice. Essa ci conduce più facilmente ad una fede e ad una convinzione più profonde che il fatto di averlo visto e sentito allora, fisicamente.

Allora, infatti, appariva uomo, un uomo di umile condizione; ora, invece, ci è predicato come vero Dio. Allora frequentava fisicamente i pubblicani e i peccatori e mangiava con loro (Mt 9,11). Ora, invece, siede alla destra di Dio Padre (Mc 16,19), mai separato da lui, in nessun modo. […].  Allora, anche la gente di bassa condizione lo disprezzava dicendo: «Non è costui il figlio di Maria e di Giuseppe, il carpentiere?» (Mc 6, 3 ; Lc 1, 23) Ora invece, i re e i principi lo adorano come Figlio del vero Dio, e vero Dio lui stesso. […].  Allora lo consideravano un uomo corruttibile e mortale come tutti gli altri. Lui che è Dio senza forma e invisibile, ha ricevuto senza subire né alterazione, né cambiamento, una forma in un corpo umano ed è apparso totalmente uomo, senza mostrare niente di più degli altri uomini. Ha mangiato, bevuto, dormito, sudato e si è affaticato. Ha fatto tutto ciò che fanno gli uomini, eccetto il peccato.

Era una gran cosa riconoscere e credere che un tale uomo era Dio, colui che ha fatto il cielo stesso, la terra e quanto contengono.[…].  Dunque, chi oggi ascolta ogni giorno Gesù proclamare e annunciare attraverso i santi vangeli la volontà del Padre suo benedetto, senza obbedirgli con timore e tremore e senza osservare i suoi comandamenti, non avrebbe accettato neppure allora di credere in lui. (SIMEONE IL NUOVO TEOLOGO, Catechesi, 29; SC 113, 164ss).

 

Autore Merton Thomas

La fede è prima di tutto un assenso intellettuale. Perfeziona la mente, non la distrugge. Mette l’intelletto in possesso di quella Verità che la ragione da sola non può afferrare. Ci dà la certezza riguardo a Dio quale Egli è in Sé; la fede è la via che conduce a un contatto vitale con un Dio vivente, e non con un Primo Principio astratto elaborato per sillogismi dall’evidenza delle cose create. […]. Essa lascia l’intelletto sospeso nell’oscurità, senza una luce adatta al suo modo di conoscenza. Pure essa non frustra l’intelletto, non lo nega, non lo distrugge. Lo pacifica con una convinzione che esso sa di poter accettare razionalmente sotto la guida dell’amore. Perché l’atto di fede è un atto in cui l’intelletto si contenta di conoscere Dio amandolo ed accettando le Sue affermazioni su Se stesso alle condizioni che Egli pone. E questo consenso è del tutto razionale perché si basa sul presupposto che la nostra ragione non può dirci nulla di Dio quale Egli è realmente in Sé, e sul fatto che Dio è infinita attualità e quindi infinita Verità, Sapienza, Potenza e Provvidenza, e può rivelarSi con assoluta certezza in qualsiasi modo Gli piaccia, e può confermare questa Sua rivelazione di Sé con segni esterni. La fede è in primo luogo un assenso dell’intelletto.

Ma se fosse solo questo e nulla più, se fosse solo «dimostrazione di realtà che non si vedono», non sarebbe completa. Deve essere qualcosa di più di un assenso intellettuale. È anche una stretta, un contatto, una comunione di volontà, è la «consistenza di ciò che si spera». Per fede non solo diamo il nostro assenso alle proposizioni rivelateci da Dio; non solo giungiamo alla verità in un modo in cui non saremmo capaci di giungere mediante la sola ragione e il solo intelletto, ma siamo assenzienti a Dio stesso. Accettiamo Dio. Diciamo di sì non solo ad una affermazione che riguarda Dio, ma allo stesso Dio invisibile ed infinito. Accettiamo l’affermazione per intero, non solo per il suo contenuto, ma a causa di Colui che l’ha proferita.

Troppo spesso la nostra nozione di fede viene alterata dalla eccessiva importanza che attribuiamo alle affermazioni riguardanti Dio, affermazioni a cui per fede si crede, e dal fatto che dimentichiamo che la fede è comunione con la luce e con la verità stessa di Dio. […]. La fede non è quindi severo proposito di rimanere aggrappati ad ogni costo a determinate espressioni verbali — anche se dobbiamo essere pronti a difendere la nostra fede a costo della vita stessa.

Ma, soprattutto, la fede è l’aprirsi di un occhio interiore, l’occhio del cuore che deve riempirsi della presenza della luce divina. In ultima analisi la fede è la sola chiave dell’universo. Il significato profondo dell’esistenza umana e le soluzioni di quei quesiti da cui dipende tutta la nostra felicità non possono essere trovate da nessun’altra parte. (MERTON T., Semi di contemplazione, B. TASSO – E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, p. 132).

 

Autore Massimo il confessore s.

Ognuno di noi possiede l’energia manifesta dello Spirito in proporzione della fede che è in lui (cfr Rm 12,6). Così ognuno è amministratore della propria grazia. E mai chi è ben disposto potrebbe invidiare qualcosa in chi è onorato da grazie, dal momento che possiede la disposizione a ricevere i beni di Dio. Ciò che fa si che siano in noi i beni di Dio è la misura della fede di ciascuno. Poiché è nella misura in cui crediamo che ci è dato il fervore di agire. Quindi, chi agisce rivela la misura della sua fede in proporzione all’azione: riceve la misura della grazia secondo quanto ha creduto. [ …].
Aumentando le virtù, con l’aiuto di Dio, facciamo convergere al loro fine i carismi che ci sono stati dati, affinché non rendiamo cieca e senza occhi la fede, priva della luce che danno le opere dello Spirito, lasciandoci andare poco a poco alla negligenza, e non siamo puniti giustamente nei secoli eterni per aver accecato noi stessi gli occhi divini della fede, finché era in nostro potere. [ …].
Chi non compie gli ordini divini della fede, ha una fede cieca. Poiché se gli ordini di Dio sono luce (cfr Is 26,9 ), ciò vuol dire che chi non compie gli ordini di Dio è senza luce divina. Lascia senza risposta la chiamata divina. Non gli risponde assolutamente. (MASSIMO IL CONFESSOE S., Centurie sulla teologia V, n. 34-35, 42, 45).

 

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Luglio, 2024