Autore Agostino d’Ippona s.
PRESENZA DI DIO – Le cose visibili sono presenti tanto ai non vedenti quanto a coloro che vedono. Supponiamo che in un medesimo luogo ci sia un non vedente e uno che vede; gli stessi oggetti, le stesse forme delle cose sono lì tanto per l’uno quanto per l’altro, ma uno è presente ad esse, l’altro è invece assente. Di due che si trovano nello stesso luogo uno è presente, l’altro assente, non perché le cose ci siano per l’uno e non per l’altro, ma per la diversità degli occhi di ognuno di essi. Il cieco, avendo estinto l’organo che gli permette di percepire la luce che tutto riveste, è inutilmente presente alle cose che non vede; anzi sarebbe più esatto dire che è assente invece che presente. Difatti è giusto affermare che è assente dove i suoi sensi non arrivano, giacché essere assenti, vuol proprio dire essere lontani con le facoltà sensitive. Così è di Dio. Egli è presente ovunque, tutto in ogni luogo. La sua sapienza si estende con potenza da un’estremità all’altra del mondo e governa dolcemente l’universo. (Cfr.: Sap 8, 1). (AGOSTINO D’IPPONA S., Commento ai salmi di lode, Ed. Paoline 1986, p. 161).
Autore Moliniè M. D.
DIO PADRE – Il Dio che molti cristiani dicono essere il loro Dio, è Padre solo in senso lato e viene a coronare dall’alto – il più lontano possibile! – una vita fondata sui valori umani. Quel Dio è morto non il Venerdì Santo, ma la sera della caduta dei nostri Progenitori. Il Dio Salvatore, Lui, non è morto. Il solo Dio che risponda è il Padre in senso stretto; e se non risponde, è perché non vogliamo rivolgerci a Lui.
A sostenere l’umanità non sono né i governi, né gli uomini di genio, né gli uomini di azione, ma gli adoratori. A questi cosa chiede Dio? Non molto: di crederci. Se rifiutano di farlo anche per poco, i germi del peccato non trovano più ostacoli nel mondo e si sviluppano. (MOLINIÉ M. D., Il coraggio di avere paura, Ed. Parva 2006, p. 43).
Autore Giovanni Paolo II S.
Rivelata in Cristo, la verità intorno a Dio «Padre delle misericordie» (2 Cor 1, 3) ci consente di «vederlo» particolarmente vicino all’uomo, soprattutto quando questi soffre, quando viene minacciato nel nucleo stesso della sua esistenza e della sua dignità. Ed è per questo che, nell’odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio. Essi sono spinti certamente a farlo da Cristo stesso, il quale mediante il suo Spirito opera nell’intimo dei cuori umani. Rivelato da lui, infatti, il mistero di Dio «Padre delle misericordie» diventa, nel contesto delle odierne minacce contro l’uomo, quasi un singolare appello che s’indirizza alla Chiesa.
Desidero […] accogliere questo appello; desidero attingere all’eterno ed insieme, per la sua semplicità e profondità, incomparabile linguaggio della rivelazione e della fede, per esprimere proprio con esso ancora una volta dinanzi a Dio ed agli uomini le grandi preoccupazioni del nostro tempo. Infatti, la rivelazione e la fede ci insegnano non tanto a meditare in astratto il mistero di Dio come «Padre delle misericordie», ma a ricorrere a questa stessa misericordia nel nome di Cristo e in unione con lui. Cristo non ha forse detto che il nostro Padre, il quale «vede nel segreto» (Mt 6,4), attende, si direbbe, continuamente che noi, richiamandoci a lui in ogni necessità, scrutiamo sempre il suo mistero: il mistero del Padre e del suo amore? Desidero quindi che queste considerazioni rendano più vicino a tutti tale mistero e diventino, nello stesso tempo, un vibrante appello della Chiesa per la misericordia di cui l’uomo e il mondo contemporaneo hanno tanto bisogno. E ne hanno bisogno anche se sovente non lo sanno. (GIOVANNI PAOLO II B., “Dives in misericordia”, § 2, Libreria Editrice Vaticana).
Autore Crisologo Pietro s.
PADRE MISERICORDIOSO – “Mi leverò e andrò da mio padre” Se ci dispiace la condotta di questo giovane, ci fa orrore la sua partenza: quanto a noi, non allontaniamoci mai da tale padre! La sola vista del padre scaccia i peccati, respinge la colpa, esclude ogni condotta malvagia e ogni tentazione. Ma se siamo partiti, se abbiamo dilapidato tutta l’eredità del padre con una vita disordinata, se ci è capitato di commettere qualche colpa o misfatto, se siamo caduti nell’abisso dell’empietà e del totale allontanamento, alziamoci una buona volta e ritorniamo a un padre così buono, attirati da tale bell’esempio.
“Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”. Vi chiedo: c’è qui spazio per la disperazione? Un pretesto per una scusa? Quale falsa ragione di temere? A meno che forse si tema l’incontro col padre, e si abbia paura dei suoi baci e abbracci; a meno che si creda che il padre lo faccia per recuperare, invece di accogliere per perdonare, mentre attira suo figlio per mano, lo prende sul suo cuore, lo serra fra le sue braccia. Ma tale pensiero, che distrugge la vita, che si oppone alla salvezza, è ampiamente vinto, ampiamente annullato da ciò che segue: “Il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Sentito ciò, possiamo ancora tardare? Cosa aspettiamo per tornare al padre? (CRISOLOGO PIETRO S., Omelia sul perdono, 2,3.