Beatitudini

Autore Malaval F.

BEATITUDINI E CONTEMPLAZIONE – I giusti domandano e ricercano tutti i giorni la povertà di spirito e la purezza di cuore; e se capiscono bene ciò che chiedono, se non mentono a se stessi, sanno che quelle sono le due eccellenze più alte della perfezione cristiana, alle quali un uomo possa aspirare in questo mondo. Infatti con la povertà di spirito si è staccati da tutto e con la purezza di cuore si vede unicamente persino da questo mondo colui che è tutto. Ora la contemplazione è un modo sovrano di impoverire lo spirito, poiché fa morire la ragione, e di mondare il cuore, poiché riceve gli affetti sia umani sia celesti con gli occhi della fede, avendo Dio per oggetto perpetuo dell’intelletto e Dio per oggetto perpetuo della volontà. La contemplazione può, dunque, domandarsi; colui che cerca il fine può ricercare i mezzi che vi conducono più direttamente. (MALAVAL F., Pratica facile per elevare l’anima alla contemplazione, Dial II, colloquio 8°).

 

Autore Paolo VI papa

Questa gioia di dimorare nell’amore di Dio incomincia fin da quaggiù. È quella del Regno di Dio. Ma essa è accordata su di una via scoscesa che richiede una totale fiducia nel Padre e nel Figlio, e una preferenza data al Regno. Il messaggio di Gesù promette innanzi tutto la gioia, questa gioia esigente; non si apre essa attraverso le beatitudini? «Beati, voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete».

Misteriosamente, il Cristo stesso, per sradicare dal cuore dell’uomo il peccato di presunzione e manifestare al Padre, un’obbedienza integra e filiale, accetta di morire per mano di empi, di morire su di una croce. Ma il Padre non ha permesso che la morte lo ritenesse in suo potere. La risurrezione di Gesù è il sigillo posto dal Padre sul valore del sacrificio del suo Figlio; è la prova della fedeltà del Padre, secondo il voto formulato da Gesù prima di entrare nella sua passione: «Padre, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te»). D’ora innanzi, Gesù è per sempre vivente nella gloria del Padre, ed è per questo che i discepoli furono stabiliti in una gioia inestinguibile nel vedere il Signore, la sera di Pasqua.
Ne deriva che, quaggiù, la gioia del Regno portato a compimento non può scaturire che dalla celebrazione congiunta della morte e della risurrezione del Signore.

È il paradosso della condizione cristiana, che illumina singolarmente quello della condizione umana: né la prova né la sofferenza sono eliminate da questo mondo, ma esse acquistano un significato nuovo nella certezza di partecipare alla redenzione operata dal Signore, e di condividere la sua gloria. Per questo il cristiano, sottoposto alle difficoltà dell’esistenza comune, non è tuttavia ridotto a cercare la sua strada come a tastoni, né a vedere nella morte la fine delle proprie speranze. Come lo annunciava il profeta: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia».(PAOLO VI PAPA, Esortazione apostolica “Gaudete in Domino, III).

 

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Luglio, 2024