Semi di contemplazione

Numero 146 – Marzo 2013 – Meditazione e contemplazione

Meditazione e contemplazione

Autore: Jean-Jérôme Baiole, 1588-1653

Il Trattato per guidare le anime all’intima unione d’amore con Dio di Baiole presenta con chiarezza lo svolgimento tipico di una vita spirituale, soprattutto riguardo all’orazione.

 

La “meditazione ordinaria” è il regime abituale dell’orazione, quando prendiamo l’iniziativa di praticarla, che alimentiamo tramite riflessioni su un testo (per esempio, una pagina del Vangelo), e che cerchiamo di applicare nella nostra vita mediante buone risoluzioni. In breve, si tratta di una preghiera mentalmente molto attiva. Questa fase della vita spirituale dura, più o meno a lungo se non per tutta la vita, quasi sempre secondo le vocazioni e risponde all’invito di Dio, di volgerci verso di lui come suoi figli.

 

La “contemplazione soprannaturale” (ma non dimentichiamo che già la grazia di Dio ci ha spinto verso la “meditazione ordinaria”) indica nella maggior parte degli autori un’orazione che fa passare in secondo piano quest’attività mentale, senza tuttavia mai sopprimerla completamente. S’impone a noi piuttosto che essere il frutto della nostra iniziativa, e assume le tre caratteristiche enunciate qui da Baiole, che cita quasi letteralmente s. Giovanni della Croce ne La Salita del Carmelo. La parola “straordinaria” non deve qui farci concludere sulla rarità di quest’orazione, ma indica soltanto la nostra impotenza a dominarla: Dio ci ha fatto letteralmente “innamorare” di lui, il che vuol dire che nient’altro al di fuori di lui ci interessa veramente (primo e secondo segno), e che dopo averlo laboriosamente cercato nella meditazione, egli ci accompagna ormai, sempre e ovunque, con la sua dolce e indefinibile presenza (terzo segno).

Certo, esistono delle contraffazioni di questa “orazione straordinaria”: la pigrizia, molto semplicemente, o la stanchezza che fanno spesso confondere la contemplazione con la depressione. In questi casi, l’anima sembra in riposo, ma sembra solamente, perché la pigrizia o la stanchezza determinano una battuta di arresto dell’anima, mentre la contemplazione ne è, al contrario, il perfetto funzionamento, proprio come un motore che, se ben rodato, non fa più alcun rumore. Così può unicamente essere individuata solo se “vi è il terzo segno”: l’innamorato non s’interessa più a niente, tranne – ecco la differenza ed è essenziale – che a colui o colei che ama; e allora ritrova tutta la sua forma e molto più ancora, perché non è più lui che vive, ma colui che ama vive in lui. Non deve più affannarsi per il suo Diletto, ma solamente “lasciarsi andare semplicemente all’attrazione e all’operazione divine” che si dispiegheranno in lui molto al di là delle sue stesse capacità. A quel punto, voler resistere in nome di un dover mal compreso di “fare” a tutti i costi la preghiera (ecco cosa indica la parola indiscrezione nell’accezione dell’epoca) vuol dire tornare al punto di partenza, privando Dio e l’anima della felicità della loro vita comune.

 

L’orazione in domande risponde a: «Lei ci invita spesso a non scoraggiarci davanti al tedio, alle distrazioni e ad altre aridità dell’orazione; ma nonostante le buone intenzioni non noto nessun miglioramento, e dopo anni, io sono sempre così stanco, distratto e arido…: non è piuttosto segno che non sono fatto per questo?».

 

Il tema della rubrica è: La fede del Sabato Santo: Maria, madre dei credenti

 

Meditazione e contemplazione – 146

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