Semi di contemplazione

Numero 154 – Dicembre 2013 – Un’attenzione senza tensione

Un’attenzione senza tensione

Autore: S. Pietro di Alcantara, 1499-1562

Il Trattato sull’orazione e sulla meditazione, piccolo manuale di dodici capitoli, diventato un classico, termina con una serie di raccomandazioni pratiche di cui citiamo la quarta e la quinta. Questo testo redatto nel 1555, corrisponde al momento in cui l’orazione metodica moderna non era ancora completamente strutturata, e le linee di demarcazione tra orazione, meditazione, contemplazione, lettura o preghiera vocale, erano meno nette, rispetto a 30 anni dopo.

 

L’orazione contemplativa, poiché è amorosa, non ha bisogno di sforzarsi, ma poiché Dio non è percepibile con i sensi, essa ha tuttavia bisogno di essere sostenuta dalla volontà per non divagare nel vuoto della mente. L’esperienza mostra che questo equilibrio è delicato, poiché dopo il peccato originale, noi siamo abituati, nella preghiera come altrove, a conquistare più che ad accogliere. Il segreto sta nel non fare attenzione ai nostri pensieri, ma a Colui al quale si pensa, perché l’orazione non è un’attività intellettuale volta a produrre idee, ma l’intrattenere una relazione di cui Dio ha preso l’iniziativa.

 

Quest’attenzione senza tensione deve essere sistemata nel momento del passaggio da una preghiera meditativa a una preghiera propriamente contemplativa, momento in cui una direzione spirituale avveduta permette di evitare delle contrazioni: da un lato, l’anima sente una “dolcezza di devozione”, che la mette in riposo (si parla qui di orazione di quiete), ma dall’altro lato, quando essa ritorna su se stessa (cosa che non dovrebbe fare), non sente più la sua attività, cosa che la porta a concludere sull’assenza di Dio. Da qui, l’alternanza tra i momenti della venuta del Signore e i momenti di attesa alla porta del sacro palazzo di Sua Maestà”, secondo che l’uno o l’altro s’imponga al primo livello della coscienza. Qui, bisogna mostrare all’anima la logica di quello che vive perché non se ne preoccupi, invitarla a entrare in un abbandono sempre più radicale a questo Signore che lei non sente, ma di cui deve bastarle sapere che è lì, molto più intensamente rispetto a tutto quello che lei sente. Questa logica è quella del Vangelo: chi perde la sua vita, la trova, cioè la riscopre a un livello molto più profondo, nella preghiera come in altro.

 

Mentre la meditazione vera e propria, che caratterizza spesso gli inizi di una vita spirituale seria, affatica l’anima che non prova più gusto, la lettura spirituale può prenderne il posto come ponte verso la contemplazione; non più la lettura degli inizi, destinata a fornire i dati della meditazione, ma un semplice sostegno all’attenzione tramite qualche parola d’amore cercando di sentire quello che stai leggendo”. Il silenzio di una relazione sempre più trasparente si adatterà meglio con qualcuna di queste parole piuttosto che col vuoto assoluto, poiché le nostre facoltà mentali hanno bisogno di mettere qualcosa tra i denti. Un libro come l’Imitazione di Gesù Cristo, per esempio, gioca molto bene questo ruolo, in quanto riconduce senza sosta il suo lettore a questa presenza silenziosa di Dio in lui.

 

L’orazione in domande risponde a: «Una grandissima sensibilità è un handicap in una vita spirituale?»

 

Il tema della rubrica è: La gioia del Vangelo

 

Un’attenzione senza tensione – 154

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