Mauro di Gesù Bambino, padre carmelitano e direttore spirituale di M.me Guyon durante il primo stato della sua vita spirituale sbocciata e coltivata fin dalla fanciullezza, accompagna la giovane mistica nel periodo buio e angoscioso della sua vita di orazione, chiarendone tutti gli aspetti che ordinariamente restano nascosti all’anima, la quale attribuisce i patimenti e le secchezze alle croci e alla desolazione in cui versa, ignara degli ostacoli che risiedono nella sua anima non ancora purgata dalle radici profonde dell’amor proprio che ha invaso il luogo di Dio, impedendole di godere della Sua amorevole presenza.
Le imperfezioni, infatti, costituiscono un diaframma sul quale si rifrangono gli eventi esterni ed interni, causando la sofferenza e l’impressione di vuoto, di secchezza e di reiezione da parte di Dio. Il deserto interiore evoca l’esodo dell’Antico Israele e la necessità di attraversarlo nel totale spogliamento, fiducioso abbandono e conformazione della propria volontà alla volontà di Dio per giungere, indenne dalle tentazioni, alla vita risuscitata in Gesù Cristo.
Lo stato di abbandono situa l’anima al sicuro da tutto ciò che potrebbe nuocerle, in quanto per divina disposizione tutto concorre a distruggere ciò che deriva dal peccato e a ridurla al nulla: presupposto e preludio di perfezione e godimento della divina presenza.
Il peso delle croci, trovando la volontà sottomessa e uniformata alla volontà di Dio, opera efficacemente la purgazione dell’anima, la quale, senza essere ridotta a mera passività, agisce in cooperazione con la Grazia, sostenendo l’operazione di Dio senza frapporre ostacoli causati da sterili fughe, inutili combattimenti e vane illusioni, bensì assecondando la divina volontà finché la natura umana sia resa deiforme e l’inabitazione reciproca e permanete.