Il manoscritto, dedicato a Madre Maria di Gonzaga da Teresa al tramonto della sua breve esistenza, è la testimonianza della sua fede matura che, misticamente illuminata dall’autodonazione dell’amore misericordioso, ha semplificato il suo itinerario spirituale, spianandole la via nuova e dritta della piccolezza evangelica – opposta al titanismo della cultura del suo tempo – che permette alla Grazia di operare efficacemente nella debolezza della natura. Consapevole della sua santità, sulle note del Magnificat, libera da falsa modestia, canta le misericordie del Signore che, volgendo lo sguardo alla sua piccolezza, si è degnato di innalzarla nella gloria.
La fede trasparente della piccola carmelitana passerà attraverso la prova della malattia, accolta come una grande grazia e delle tenebre spirituali che nascondendo la misericordia del Signore e sottraendole la soddisfazione della fede, purificano in lei la volontà fino a trasformarla in desiderio di morire d’amore.
Misticamente associata alla passione di Nostro Signore, è coinvolta, senza alcuna colpa, nel mistero d’iniquità del suo tempo; condivide volontariamente la pena spettante agli atei colpevoli di aver abusato delle grazie, intercedendo per il perdono dei poveri amati peccatori. L’espiazione vicaria è molto più dolorosa per Teresa, innamorata di Dio e tuttavia assalita dal dubbio della fede e tormentata dalla tentazione, che assumendo la voce dei peccatori irridenti, la sospinge verso l’illusione delle tenebre del nulla, che lei smaschera mediante l’eroica confessione di fede nell’esistenza del paradiso, rinunciando al suo godimento sulla terra, pur di ottenerlo agli increduli atei e continuando a cantar, nella desolazione, le misericordie del Signore e a gioire nei patimenti per amore del Salvatore e dei peccatori bisognosi di salvezza.