Il Cristo risorto, nel dono dello Spirito Santo, associa la Chiesa alla partecipazione della gloria che ha ricevuto dal Padre e le conferisce potere sul peccato, affinché renda partecipi tutti i cristiani della comunione Trinitaria.
La confessione è sacramento della Chiesa; la riconciliazione con Dio e con i fratelli passa attraverso la riconciliazione con la Chiesa, che in modo esigente chiede conto ai peccatori anche della loro sfera privata e, sull’esempio e con l’autorità ricevuta da Cristo, pronuncia un giudizio che è sempre di misericordia sia quando assolve sia quando ritiene il peccato in vista della conversione.
Come nella Trinità le singole Persone partecipano dell’unica divinità, relazionandosi nella perfetta trasparenza, così nella confessione istituita da Cristo, il penitente sta dinanzi al giudizio del confessore e per suo tramite riceve la grazia del sacramento. Questo passa attraverso l’esercizio del magistero, al quale Cristo ha conferito il potere di legare e sciogliere e pertanto di pronunciare un giudizio e comminare una pena al peccatore che, ignorando il richiamo della coscienza e non seguendone le giuste ispirazioni, a causa dell’accidia e della volontà indebolita dalla mancanza di vigilanza e di preghiera, si chiude colpevolmente all’amore di Dio.
La correzione consiste anche nel lasciar portare un peso pedagogico, finché il penitente, riconoscendolo come tale, non decida di lasciarlo. Questa è sempre atto d’amore che, correggendo educa a riconoscere la radice del peccato – consistente nella resistenza all’amore – nascosta nell’intenzionalità della coscienza; deposto il peso, il peccatore che si era allontanato da Dio è amorevolmente riaccolto nella comunione ecclesiale.
L’aspetto sociale della confessione deriva dalle ripercussioni della la tiepidezza mortifera e del peccato grave del singolo sulla comunità, così come il fervore e la preghiera del singolo costituiscono per essa una grande ricchezza spirituale.
L’ascensione di Cristo è figura dell’assoluzione che libera, spezzando il legame con il peccato – se il penitente accetta il distacco – e illumina l’esistenza di una nuova luce, di una nuova speranza e pone rimedio a ogni male in termini di un surplus d’amore trinitario, che rimane vivo se viene prodigato. L’assoluzione, senza eliminare la necessità dell’impegno e della vigilanza quotidiana, restituisce al penitente l’innocenza che può essere conservata nell’affidamento al Signore da parte di una retta coscienza sostenuta dalla Grazia.
Se nel credente viene meno la fiducia nella potenza salvifica della Parola di Dio, che nell’assoluzione può produrre la conversione del peccatore, la Chiesa è tenuta a credere nell’efficacia della Parola che ritiene o assolve, per essere essa stessa credibile e rendere credibile e comprensibile la Parola di salvezza.