Matta el Meskin (1919-2006) è il rinnovatore della vita monastica nel deserto di Wadi el Natrun in Egitto. Stabilitosi dopo anni di vita eremitica nel monastero di S. Macario a Scete, molti discepoli e cristiani di ogni estrazione accorrono per ascoltare il suo insegnamento spirituale, frutto di contemplazione, di preghiera e di ascesi.
Commentando il brano del Vangelo di Matteo sulla preghiera (Mt 6,6), richiama la necessaria discontinuità tra il tempo della vita ordinaria e il tempo della preghiera e la necessaria separazione da tutto ciò che è esterno alla stanza (cuore, sensi e persone); fuori metafora: al punto di unione dell’anima con Dio. Chiudere la porta equivale a indirizzare l’attenzione del cuore al centro dell’anima dove risiede Dio solo.
Il tempo della preghiera è discriminante ed esige una separazione che richiama il parallelismo antitetico paolino della vita secondo la carne e della vita secondo lo spirito; questa è simile a una Pasqua che, nel passaggio dalle vane preoccupazioni (cuore) e dai pensieri che turbano la mente (sensi) alla vera pace dell’unione con Dio, pone l’anima di quanti invocano la Sua misericordia al riparo da tutti i mortiferi attaccamenti. La separazione non implica allontanamento o conflitto tra lo spirito e la corporeità, intesa secondo un’errata accezione negativa; la carne rimanda ai pensieri, ai moti disordinati dell’anima, gli eccessi di attaccamento, repulsione o compiacimento verso le persone, dei quali bisogna pentirsi prima di ogni preghiera, per presentarsi con animo libero da malizia e puro dinanzi Dio.
L’orante entra in conversazione con Dio nell’ascolto della Parola; lo stesso Spirito che ha ispirato l’autore sacro agisce in colui, per il quale la Parola è azione salvifica di Dio che, parlandogli nel qui ed ora del suo concreto vissuto, assume tutti i palpiti della sua anima e ritorna a Dio come preghiera di supplica, lode, e ringraziamento.
La preghiera è relazione instaurata mediante la sinergia tra azione di Dio e azione dell’orante che si prepara all’incontro. Indipendentemente dalla durata del tempo che vi si può dedicare – proporzionalmente ai diversi stati di vita – Dio guarda il desiderio del cuore; nella fedeltà alla preghiera liturgica delle Ore in determinati momenti della giornata, è possibile acquisire un atteggiamento orante perché lo Spirito, facendo risalire dal cuore alla mente la Parola meditata, trasforma ogni momento in continua relazione con Dio: in continua preghiera.
La pratica della preghiera riveste carattere normativo, essendo strettamente connessa al progresso nella conoscenza e alla perfezione della vita spirituale mediante l’acquisizione del dono dello Spirito Santo, per mezzo del quale l’Amore è riversato nel cuore dell’anima fedele scelta da Dio come luogo del suo riposo.
La preghiera riveste un ruolo insostituibile nella vita del credente, indipendentemente dallo stato di vita; il suo ritmo è misurato dall’esortazione del Signore che ha comandato di pregare incessantemente come regola per la santificazione del tempo, possibile mediante l’esercizio di una continua vigilanza del cuore e di un segreto dialogo d’amore con Il Signore, come preparazione del momento di intimità durante il quale, chiusa la porta, pregare il Padre che vede nel segreto.