Nutriti dai Sacramenti e formati dalla preghiera e dall’insegnamento della Chiesa, non abbiamo bisogno di cercare altro all’infuori del posto particolare voluto per noi da Dio in seno alla Chiesa. Quando lo abbiamo trovato, vita e preghiera insieme diventano per noi all’improvviso estremamente semplici. Allora scopriamo che cosa sia in realtà la vita spirituale. Non si tratta di fare un’opera buona piuttosto che un’altra, di vivere in un luogo piuttosto che in un altro, di pregare in una maniera piuttosto che in un’altra.
Non è questione di un particolare effetto psicologico nell’anima nostra. È il silenzio di tutto il nostro essere nella compunzione e nell’adorazione davanti a Dio, nella abituale consapevolezza del fatto che Egli è tutto e che noi non siamo nulla, che Egli è il centro a cui tendono tutte le cose, e al quale devono venire dirette tutte le nostre azioni; che vita e forza ci vengono da Lui e che tanto la vita quanto la morte da Lui esclusivamente dipendono;
che tutto il corso della nostra vita è da Lui previsto e rientra nel piano della sua Provvidenza, sapiente e misericordiosa; che è assurdo vivere come se Egli non vi fosse, ossia vivere per noi, come se fossimo soli; che tutti i nostri progetti e le nostre ambizioni spirituali sono vani se non vengono da Lui e non terminano in Lui e che, alla fine, la sola cosa che importi è la sua gloria.
Sciupiamo la nostra vita di preghiera se stiamo di continuo a esaminarla e a ricercarne i frutti in una pace che non è niente altro che un processo psicologico. La sola cosa da cercare nella preghiera contemplativa è Dio: e Lo cerchiamo con successo quando siamo ben convinti che non Lo possiamo trovare se Egli non si mostra a noi, e che d’altra parte non ci avrebbe ispirato di cercarlo se non Lo avessimo già trovato.
Più siamo contenti della nostra povertà, più siamo vicini a Dio perché allora l’accettiamo in pace, non aspettando nulla da noi, ma tutto da Dio.
La povertà è la porta della libertà, non perché si resti imprigionati nell’ansietà e nella costrizione che tale povertà implica necessariamente, ma perché non trovando in noi nulla che sia fonte di speranza, vediamo di non possedere niente che valga la pena di difendere. Non vi è in noi nulla di particolare che meriti di essere amato. Perciò usciamo da noi stessi e ci riposiamo in Colui che è tutta la nostra speranza.
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