Autore Agostino d’Ippona s.
VERA RICCHEZZA E VERA POVERTA’ – Non fraintendete, fratelli, il mio dire! Le parole: “Dio non china il suo orecchio al ricco” non significano che egli non esaudisce coloro che posseggono oro e argento, famiglia e proprietà, sia che così siano nati o comunque occupino tale posizione sociale. Basta però che si ricordino di quello che dice l’Apostolo: « Ordina ai ricchi di questo mondo di non insuperbire » (1 Tm 6, 17). I possidenti che non insuperbiscono, in Dio sono poveri; e ai poveri, ai miseri, ai bisognosi Dio china il suo orecchio (Sal 85, 1). Sanno infatti che la loro speranza non è nell’oro e nell’argento e neppure nelle altre cose di cui sembrano abbondare nel tempo. Basta che la ricchezza non li porti alla perdizione; basta che non sia loro di ostacolo, dato che di vero giovamento la ricchezza non ne reca. […] Se uno disprezza in se stesso tutto quello di cui la superbia suole gonfiarsi, è un povero di Dio, e a lui Dio china l’orecchio, perché sa che il suo cuore è umile.
Sicuramente, fratelli, quel povero che giaceva pieno di piaghe dinanzi alla porta del ricco venne portato dagli angeli nel seno di Abramo. Così leggiamo e così crediamo. Invece quel ricco che indossava vesti di porpora e di bisso e ogni giorno banchettava splendidamente fu portato all’inferno in mezzo ai tormenti. Ma forse che quel povero venne preso dagli angeli in grazia della sua miseria, e quel ricco venne gettato ai supplizi per colpa delle sue ricchezze? Dobbiamo comprendere che in quel povero venne premiata l’umiltà, come in quel ricco venne condannata la superbia. (AGOSTINO D’IPPONA, Esposizione sui salmi 85, 3; CCL 39, 1178).
Autore Giovanni Crisostomo s.
Vedete quali vantaggi Gesù Cristo ci promette e quanto i suoi precetti ci sono utili, poichè ci liberano da mali così grandi. Il male che vi causano le ricchezze, dice, non è soltanto fornire armi ai ladri contro di voi e riempire la vostra mente di spesse tenebre. La grande piaga che fanno è staccarvi dalla beata servitù di Gesù Cristo per rendervi schiavi di un metallo insensibile e inanimato. Tremiamo, fratelli, al pensiero che costringiamo Gesù Cristo a parlarci del denaro come di una divinità opposta a Dio! Però, direte voi, gli antichi patriarchi non hanno forse trovato il modo di servire insieme a Dio e al denaro? Niente affatto. Ma come Abramo, come Giobbe hanno emanato tanto splendore per la loro magnificenza? Vi rispondo che non bisogna considerare qui coloro che hanno posseduto ricchezze, bensì coloro che sono stati posseduti da esse. Giobbe era ricco; si serviva del denaro, però non serviva al denaro, ne era il padrone e non l’adoratore. Considerava il suo bene, come se fosse stato altro, si riteneva come suo dispensatore e non come suo proprietario. Ecco perchè non si afflisse quando lo perse. (GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelia sul Vangelo di San Matteo 1, PG 57, 294-296).